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Gli obblighi dell’appellante e la nuova funzione dell’appello civile

La Cassazione del 18.1.2016 n. 699 ha stabilito che l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello, e su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado. Ne consegue che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche ex art. 76 dis. att. cpc,, perchè questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello.
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A cura di Paolo Giuliano
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La nuova struttura dell'appello civile

Nel vigente ordinamento processuale, il giudizo d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata (novum judicium), ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae).

L'appello non è più il mezzo per passare da uno all'altro esame della causa, ma una "revisio" fondata sulla denuncia di specifici "vizi" di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata.

Da questa diversa funzione o struttura dell'appello discendono una serie di conseguenze sulla posizione delle parti processuali in appello (rispetto il primo grado) e sulla diversa incidenza dell'onere probatorio ex art. 2697 cc tra primo grado e appello.

La diversa posizione delle parti in sede di appello rispetto il primo grado

La diversa funzione dell'appello civile, incide anche sulla posizione delle parti processuali, infatti, nell'appello attuale l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado.

Questa diversa posizione processuale (tra primo e secondo grado) diventa rilevante in relazione all'applicazione del principio dell'onere dalla prova.  L'art. 2697 cc che regola l'onere della prova impone a colui  che afferma di avere un diritto o a colui che eccepisce l'inefficacia di un diritto di provare il diritto o gli elementi sui quali l'eccezione di inefficacia del diritto si fonda. L'onere probatorio incide (in modo notevole) su colui (attore) che inizia il procedimento giudiziario. Se, in sede di appello, la posizione delle parti cambia e l'appellante assume al veste di attore è evidente che sull'appallante inciderà l'onere della prova in sede di appello.

L'applicazione del principio dell'onere della prova in appello

Di conseguenza, se nell'appello attuale l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello, di conseguenza, su di lui ricade l'onere di dimostrare che i motivi del proprio gravame siano fondati, qualunque sia stata la posizione processuale (di attore o convenuto) assunta dall'appellante nel giudizio di primo grado.

Per cui, l'appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso  che è onere dell'appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame.

Quindi, se l'appellante assume la veste di attore in appello, (qualsiasi suolo abbia assunto in primo grado), è a carico dell'appellante anche fornire tutti i documenti necessari alla base delle sue doglianze soprattutto se il giudice di primo grado ha fondato il suo convincimento su prove di carattere documentali, (da chiunque prodotti in primo grado), di modo che, laddove la critica dell'appellante investa anche la corretta valutazione di tali risultanze istruttorie, è la parte interessata (appellante) a doversi fare carico di consentirne la disamina (dei documenti da chiunque prodotti) al giudice di appello.

La produzione di documenti in appello

Ulteriore conseguenza di quanto sopra affermato si nota quando i documenti sui quali è fondata la sentenza di primo grado non sono prodotti in appello, infatti, ove l'appellante si dolga dell'erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l'onere di estrarne copia ai sensi dell'art. 76 disp. att. cod. proc. civ. e di produrli in sede di gravame.

Ne consegue che è onere dell'appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà , ex art. 76 disp. att. cod. proc. civ., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolo delle altre parti, perchè questi documenti possano essere sottoposti all'esame del giudice di appello, per cui egli subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell'altra parte (nella specie rimasta contumace), quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice di appello non ha quindi avuto la possibilità di esaminare.

Cass., civ. sez. II, del 18 gennaio 2016, n. 699 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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