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Giuseppina Ghersi, seviziata e uccisa dai partigiani a 13 anni: aveva scritto un tema che era piaciuto al Duce

“Presero la bambina e ci giocarono a pallone, portandola in uno stato comatoso”. Giovanni Ghersi denunciò il martirio subito di Pinuccia, la sua unica figlia tredicenne, un anno dopo la sua morte. La piccola fu brutalizzata e uccisa dai partigiani comunisti.
A cura di Redazione
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Se oggi fosse viva, Giuseppina Ghersi sarebbe una graziosa nonnina di 85 anni. Ai nipoti racconterebbe degli stenti della guerra, del negozio di ortofrutta dei suoi a Savona, della gonna a ruota che volteggiava a ritmo di swing, dei suoi vent'anni, del '68. Pinuccia Ghersi, purtroppo, è stata giustiziata all'età di 13 anni dopo aver subito disumane sevizie. In pochi conoscono il suo nome, che su Wikipedia non esiste, ma chi lo sentito nominare lo conserva impresso nella mente. Quella di Pinuccia Ghersi è una di quelle storie che non ti lasciano più.

L'ingresso dei partigiani

È il 26 aprile 1945, il giorno seguente all'annuncio dell'insurrezione armata di Milano, sede del comando partigiano dell'Alta Italia e dell'arrivo dei partigiani a Savona. Intorno alle 6 del mattino i coniugi Ghersi si mettono in cammino verso il negozio di frutta e verdura che erano riusciti miracolosamente a tenere aperto nonostante la guerra, quando incontrano tre uomini armati di mitra. I partigiani appena entrati in città li conducono alla Scuola Media ‘Guidobono' a Legino, adibita a Campo di Concentramento per i fascisti. I due commercianti non capiscono cosa stia accadendo, di politica non si erano mai occupati e non erano neanche iscritti nelle liste del partito fascista, tuttavia collaborano, spaventati. Consegnano ai tre le chiavi di casa e quelle della dispensa del negozio, mentre aspettano che qualcuno dica loro di cosa sono accusati, il loro negozio viene derubato della merce e l'appartamento ripulito. Manca Giuseppina, l'unica figlia 13enne, che è ospite in casa di amici. Ai coniugi viene intimato di guidarli dove si trova la bambina.

La deportazione

Pinuccia ha 13 anni, frequenta le magistrali alla “Rossello”, dove si è distinta per aver vinto un concorso a tema, ricevendo una lettera di plauso dal segretario particolare di Mussolini. È una ragazzina intelligente e quando vede i tre energumeni capisce che deve seguirli. Viene condotta anche lei al campo di concentramento insieme ai genitori e alla zia. Lì inizia il martirio, descritto con strazianti immagini dalle parole del padre:

…presero la bambina, e ci giocarono a pallone, portandola in uno stato comatoso, perdendo tanto sangue che non aveva più la forza di chiamare suo papà, poi si sfogarono su mia moglie, malmenandola e percuotendola in modo che lascio alla vostra immaginazione, poi in cinque cominciarono a battermi con il calcio del moschetto, sulla testa e sulla schiena, tutto ciò perché rivelassi dove avevo nascosto altri soldi e altro oro.

Giustiziata a 13 anni

Pinuccia viene seviziata in ogni modo fino al trenta aprile. Le spezzano le ossa, le rasano i capelli, la sfigurano e la massacrarono finché non si riduce a un bambolotto disarticolato, con un filo di vita. Allora la finiscono con un colpo di pistola alla testa e fettano il suo cadavere nel mucchio di corpi di fronte al cimitero di Zinola. Suo padre e  sua madre vengono liberati alcuni giorni dopo per tornare in una casa razziata dove non è rimasto più nulla. Deserto anche il negozio, dove frutta, verdura e gli animali da cortile sono spariti. Ormai in miseria dopo essere stati derubati di tutto e distrutti dal dolore per aver perso l'unica figlia, i Ghersi decidono di lasciare Savona, dove qualcuno aveva tentato di entrare in casa loro nottetempo. È lo stesso Ghersi a raccontarlo in un esposto alla procura di Savona:

Abbiamo dovuto scappare all’alba come ladri, da casa nostra, dalla nostra città, senza mezzi e senza lavoro, vivendo per anni in povertà e miseria, pur sapendo che gli assassini della mia bambina di appena 13 anni, vivevano nel lusso impuniti, onorati e riveriti, con i nostri soldi e di tutti quelli che erano morti o che erano dovuti scappare.

Nonostante Giovanni Ghersi abbia denunciato il nome dell'assassino di Pinuccia, Gatti Pino di Bergeggi, l'assassinio non verrà mai punito, poiché il crimine commesso è stato oggetto di amnistia.

La memoria negata

Recentemente l'apposizione di una targa in ricordo di Giuseppina Ghersi proposta da un consigliere di centrodestra del comune di Noli (Savona), ha ridestato la polemica tra parti politiche opposte e l'Associazione Nazionale Partigiani D'Italia ha annunciato proteste.

L'epilogo

Molti altri innocenti, additati come simpatizzanti fascisti o conservatori furono trucidati barbaramente e perseguitati, nella maggior parte dei casi solo per spogliarli dei loro beni. Si tratta di storie che si collocano in quella zona grigia dove finiscono gli ideali politici lasciano il posto a intenti criminali puri, travestiti da ideologia. La storia di Pinuccia Ghersi, come quella di numerose altre barbarie del dopoguerra di  continua a rimanere un tabù.

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