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Giulia, fatta a pezzi a 19 anni: “È stata uccisa, vogliono chiudere il caso senza colpevoli’

Giulia Di Sabatino è morta il giorno del suo diciannovesimo compleanno, poche ore prima di festeggiare con la sua famiglia. I suoi resti sono strati scoperti la mattina del 1° settembre 2015 sull’asfalto della A14.
A cura di Angela Marino
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Giulia Di Sabatino è morta il giorno del suo diciannovesimo compleanno, poche ore prima di festeggiare con la sua famiglia. I suoi resti sono strati scoperti la mattina del 1° settembre 2015 sull'asfalto della A14, ai piedi dell'altissimo cavalcavia che sovrasta per decine e decine di metri la Adriatica. Un volo da incubo quello che il suo corpo ha fatto prima di essere trovato a pezzi sull'asfalto, maciullato dagli pneumatici dei tir e delle auto che quella notte sfilavano nel buio sulla autostrada che collega Nord e Sud sul filo del versante adriatico. Come uno schiaffo la sua morte ha colpito i genitori, la sorella Vanessa – che Giulia era in procinto di raggiungere a Londra – e gli amici che la frequentavano.

La procura di Teramo che due anni fa ha aperto un'indagine per istigazione al suicidio, oggi, potrebbe accogliere la richiesta di archiviazione. Una disposizione che i genitori di Giulia vivono come una profonda ingiustizia: "Giulia è stata uccisa, vogliono chiudere il caso senza colpevoli" si legge sul sito dove hanno lanciato la raccolta firme che chiede di non interrompere le indagini. Sono troppe i misteri sulla morte della giovanissima Giulia, per chi conosce la vicenda da vicino, a cominciare dal primo: com'è morta?

Come pezzi di un manichino andato in frantumi i frammenti del corpo di Giulia sono stati ricomposti dai medici legali che non sono riusciti a stabilire la causa della morte. Potrebbe essere morta per l'impatto violentissimo della caduta al suolo, ma anche no. Potrebbe essere caduta durante una colluttazione o essere stata scagliata giù, o ancora, essere stata scaraventata dal viadotto quando era priva di sensi o già morta. L'altro riguarda le ultime ore dell'ultima notte di Giulia.

Si sa con certezza che la ragazza uscì dal ristorante in cui lavorava dopo aver finito il turno, tornò a casa (dove non c'era nessuno), si cambiò, si rifece velocemente il trucco e uscì, lasciando sul tavolo il cellulare e lo stipendio appena incassato. Un automobilista le diede un passaggio lungo la strada che da Tortoreto porta a Salinello, mentre un ragazzo alla guida di una Panda rossa – rimasto senza nome per molto tempo – ebbe un rapporto sessuale con lei. A testimoniarlo non è stato lui, però, ma le tracce organiche trovate sugli slip di Giulia. Solo dopo che i media avevano diffuso la notizia di un DNA maschile sugli indumenti della vittima, il ragazzo si presentò alle forze dell'ordine riferendo di aver conosciuto Giulia quella notte e di aver avuto con lei un fugace rapporto sessuale. La storia finisce lì, ai piedi di quell'altissimo cavalcavia tra i caselli di Mosciano e Val Vibrata, a 8 chilometri da casa sua, finché a rimescolare le carte non arrivano gli esiti degli esami del cellulare di Giulia.

Il telefonino era stato consegnato nelle mani dei carabinieri da Meri Koci, la mamma di Giulia. Da un primo esame non risulta la presenza di comunicazioni che riguardino quella notte, poi spunta un messaggio del fantomatico uomo di quella notte, il 25enne che Giulia aveva incontrato. "Mi domando perché questo messaggio non sia emerso subito" dice oggi ai microfoni di Fanpage.it, la madre di Giulia "forse per capire cosa successe bisogna partire proprio da questa domanda", aggiunge, lasciando intendere chiaramente tutti i suoi dubbi sulle indagini iniziali condotte dai carabinieri del posto.

Dall'esame dei messaggi Whatsapp salta fuori uno scambio di messaggi con un giovane, Giuseppe, che oltre a chiedere alla ragazza scatti di quel genere li diffondeva a un gruppo di contatti. All'indagini per omicidio si aggiunge quella per pedopornografia, visto che all'epoca di quel commercio hot Giulia era solo diciassettenne. Poi il nome di Giuseppe passa da quello del registro degli indagati per pornografia a quello per istigazione al suicidio. Ma è in buona compagnia, perché ci sono già quelli dell'automobilista 41enne (probabilmente indagato a sua tutela) e quello del ragazzo che dice di aver accompagnato Giulia sul cavalcavia. Tre indagati, una pista – quella del ricatto a sfondo sessuale – e tante domande. Troppe, forse per chiudere un'inchiesta.

Intanto Meri Koci non si dà pace, organizza manifestazioni e raccolte di firme, si impegna ogni giorno con disperata tenacia per non far spegnere i riflettori su questa storia che potrebbe aver coinvolto più persone. In fondo, la maledetta sorte toccata a Giulia poteva capitare a una qualunque delle tante ragazze inesperte che come l'allora diciassettenne di Tortoreto, pensano che inviare una foto sexy sia un gioco e che nessuno farà loro del male. Per Giulia, purtroppo, non è stato così.

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