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Giò, il 16enne suicida per hashish. L’Entella ritira la maglia numero 6: “Sarà sempre sua”

L’annuncio del presidente della Virtus Antonio Gozzi: il sedicenne giocava come difensore centrale negli Under 16 della squadra di Chiavari. L’allenatore: “Era il più forte di tutti, una tragedia così non l’avrei mai immaginata”.
A cura di Biagio Chiariello
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La Virtus Entella, squadra di calcio di Chiavari, ha deciso di ritirare la maglia numero 6, quella che indossava Giovanni, il ragazzo sedicenne che si è suicidato a Lavagna (Genova) a seguito di una perquisizione della Guardia di Finanza alla ricerca di hashish. La decisione è stata presa direttamente dalla società ligure, che così quindi onorerà il ricordo del giovane calciatore dell’under 16 della Virtus Entella. Nessuno indosserà più la numero sei, l'annuncio lo ha dato il presidente del club, Antonio Gozzi, come scrive il Corriere della Sera.

Giò era un leader della squadra, nella quale il 16enne militava fin da quando era bambino. L’Entella nel giorno dei funerali di Giò, ai quali hanno preso parte migliaia di persona, ha voluto ricordare il suo numero sei con una lettera diramata sul proprio sito ufficiale. “Oggi abbiamo salutato per l’ultima volta il nostro ragazzo“, scrive la società biancoceleste, “Nel corso degli anni è cresciuto in mezzo a noi. Lo abbiamo visto gioire e soffrire, giocare e lottare, generoso e tenace”. All’ultimo saluto erano presenti tantissimi componenti del mondo Entella sia del settore giovanile che della prima squadra. “Resterà nel nostro cuore”, prosegue il club di Chiavari, “Sarà il figlio che rimane sempre con noi, perché i figli di uno sono i figli di tutti. Per questo oggi l’abbraccio più forte e carico d’affetto va ai parenti del giovane”.

Domenica gli under 16 dell’Entella hanno giocato per la prima volta senza Giò. Fuori casa, contro quelli della Pro Vercelli battuti per 2-1. Alla fine del match l’allenatore Fabio Muzio ha voluto ricordare quel suo giocatore, quello che considerava “il più forte” del gruppo: “Discutevamo, col pallone capitava che facesse di testa sua. Era testardo e sensibile, però all’ultimo mi dava ragione. E finivamo per parlare di tutto anche dopo la partita della domenica. Terminavamo alle 11, poi andava con gli amici al Marassi a vedere il Genoa di cui era tifosissimo. No, neanche lontanamente avrei potuto immaginare una tragedia così”.

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