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Gaza, Amnesty: “Israele ha commesso crimini di guerra”

Amnesty International, in un dossier presentato a Gerusalemme, accusa Israele di aver commesso crimini di guerra. Il governo Netanyahu: “Falso”.
A cura di Davide Falcioni
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Un anno dopo il lancio dell'operazione "Margine Protettivo", che ha provocato oltre 2mila morti palestinesi nella Striscia di Gaza nell'estate del 2014, Amnesty International condanna lo stato di Israele, accusandolo di essersi macchiato di crimini di guerra e non escludendo che in futuro possano essere considerati crimini contro l'umanità. Il dossier, presentato a Gerusalemme, ha fortemente indignato il ministro degli esteri di Tel Aviv, che ha accusato l'organizzazione non governativa di aver falsificato la realtà. Il report sarebbe, per il governo guidato da Netanyahu, "lacunoso nella metodologia, nella ricostruzione dei fatti, nelle analisi e nelle conclusioni", e dimostrerebbe l'ossessione di Amnesty contro Israele.

Il dossier di Amnesty International tuttavia ricostruisce dettagliatamente quanto avvenuto tra il primo e il 4 agosto scorsi (l'operazione, a dire il vero, era cominciata l'8 luglio e sarebbe terminata il 26 agosto): i ricercatori di Amnesty, cui non è stato concesso da Israele di entrare nella Striscia, si sono avvalsi di sofisticate tecniche investigative e di analisi, messe a punto un team di ricercatori (Forensic Architecture) nell’Università di Londra; si sono basati fra l’altro sull’analisi approfondita di fotografie (come l’angolazione delle ombre e le dimensioni dei pennacchi di fumo), su filmati e su testimonianze oculari.

Secondo Amnesty a Rafah avvenne una vera carneficina: dopo l'uccisione da parte di Hamas di un ufficiale israeliano le forze armate di Tel Aviv avrebbero adottato un'autentica rappresaglia uccidendo 135 palestinesi, 75 dei quali minorenni. Israele agì "con una terribile indifferenza verso le vite umane civili, e lanciò attacchi sproporzionati ed indiscriminati". Il massacro continuò anche dopo il 2 agosto, quando l’esercito aveva già dichiarato morto l’ufficiale. Da qui sorge il sospetto, secondo Amnesty, che gli attacchi successivi fossero motivati dal desiderio di "punire" Rafah.

Amnesty aggiunge che a un anno di distanza "le autorità israeliane si sono astenute dal condurre indagini credibili, indipendenti e imparziali su queste violazioni del diritto internazionale e umanitario. Le vittime e le loro famiglie hanno il diritto a giustizia e indennizzi. Quanti sono sospettati di avere ordinato o commesso crimini di guerra devono essere perseguiti".

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