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Turchia, la protesta degli Alevi

Il 7 Ottobre, ad Ankara, in Turchia, era prevista da tempo una manifestazione per i diritti degli Alevi, una minoranza islamica nel paese a maggioranza sunnita, ma gli ultimi sviluppi della situazione al confine con la Siria, con i duelli di artiglieria, le vittime civili turche e il rischio di una guerra aperta, l’hanno trasformata in una imponente protesta contro la guerra, a cui si sono associati gruppi politici di diversa estrazione.
In piazza contro il governo Erdoğan
Decine di gruppi e partiti politici, tra cui il principale partito di opposizione, hanno protestato contro le politiche del governo di Erdoğan
20mila in piazza
In Turchia, specie ad Ankara, le manifestazioni non sono mai affollate per timore di scontri o ritorsioni. Ma stavolta, tra le 15 e le 20 mila persone hanno raggiunto la piazza nel centro della capitale, con un corteo lungo diversi kilometri.
Manifestanti con un ritratto di Alì
A causa della venerazione per il genero del Profeta, gli Alevi sono stati spesso associati agli Alawiti (presenti anche in Turchia), la setta sciita a cui appartengono il Presidente siriano Assad e la sua cerchia, protagonisti della brutale repressione che ha innescato la guerra civile in corso. In effetti, pare che gli Alevi debbano il loro nome al fuoco, “alev” in Turco, che ha un importante significato rituale nelle loro cerimonie religiose.
 Un giovane manifestante in un gruppo di estrema sinistra
“No alla guerra”
“No alla guerra”, sullo striscione retto da militanti kemalisti del Partito Repubblicano CHP
“Aboliamo il Ministero per gli Affari Religiosi”
“Aboliamo il Ministero per gli Affari Religiosi” e “Non dimentichiamo Sivas, ricordiamo!” dicono i cartelli intorno a questi due manifestanti. Sivas è una città dell’Anatolia Orientale dove nel 1993 una folla di fanatici religiosi uccise in un incendio decine di intellettuali alevi. I presunti responsabili sono stati scarcerati quest’anno per prescrizione. Il Ministero per gli Affari Religiosi è accusato dagli Alevi di voler assorbire e assimilare le minoranze alla maggioranza sunnita.
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