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Firme false M5S, i deputati nazionali Nuti, Mannino e Di Vita rinviati a giudizio

Il gup ha disposto il rinvio a giudizio per tutti gli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle firme false del Movimento 5 Stelle. I 14 indagati sono accusati a vario titolo di falso materiale e violazione del testo unico nazionale in materia elettorale.
A cura di Charlotte Matteini
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Richiesto lo scorso 13 aprile, ora il rinvio a giudizio dei 14 indagati nell'inchiesta sulle firme false del Movimento 5 Stelle è realtà. Secondo quanto si apprende, infatti, tutti i 14 indagati sono stati rinviati a giudizio e, dunque, andranno a processo. Tra questi, figurano 3 parlamentari nazionali eletti nelle liste del Movimento 5 Stelle: Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, attualmente sospesi da M5S. Riassumendo brevemente la vicenda, l'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari indaga su alcuni reati compiuti da attivisti grillini nel 2012. Secondo l'accusa, alcuni attivisti penstastellati all'epoca delle elezioni amministrative palermitane del 2012, che videro candidato l'attuale deputato Riccardo Nuti, commisero un errore materiale nella compilazione delle liste elettorali. A cascata questo errore – il luogo di nascita sbagliato di uno dei candidati al consiglio comunale – avrebbe potuto invalidare l'intera lista dei 5 Stelle. Nel tentativo di porre rimedio all'errore, alcuni attivisti passarono una nottata intera a ricopiare le firme raccolte, per poi presentare la documentazione in Corte d'Appello e accedere così alla competizione elettorale. Sebbene possa sembrare un errore venale, la ricopiatura delle firme per legge è un falso e costituisce una violazione del testo unico regionale in materia elettorale. Nel corso delle indagini preliminari, alcuni attivisti hanno accettato di collaborare e confessato il reato commesso: la deputata regionale Claudia La Rocca raccontò che cosa successe la notte del 3 aprile 2012, mentre il deputato regionale Giorgio Caccio avvalorò la deposizione della collega, fornendo sostanzialmente elementi utili alla procura palermitana.

In seguito all'inchiesta, scaturita da un servizio realizzato lo scorso anno dalla Iena Filippo Roma, il gup Nicola Aiello ha proceduto con la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Il processo comincerà il 3 ottobre e al momento nessuno ha scelto il rito abbreviato. La prescrizione del reato scatterà nel 2018. Fra i quattordici indagati ci sono i tre deputati nazionali menzionati, due deputati regionali e un cancelliere del tribunale, oltre ad alcuni attivisti. I reati contestati, a vario titolo, sono il falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il testo unico nazionale in materia elettorale.

Secondo la procura, per Nuti – all'epoca candidato sindaco per il Movimento 5 Stelle – non c'è la prova della commissione del falso materiale, ma è accusato di aver fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate. Gli altri 11 indagati, invece, sono accusati della falsificazione delle firme. Il falso materiale riguarda Samantha Busalacchi, le deputate nazionali Giulia Di Vita e Claudia Mannino, gli attivisti Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca. Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello, accusato di aver dichiarato il falso affermando che quelle firme erano state apposte in sua presenza, come prescrive la normativa in vigore. L'ultimo indagato è Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l'autenticazione, che risponde dello stesso reato imputato a Scarpello.

Appresa la notizia di rinvio a giudizio, Giorgio Ciaccio ha dichiarato che si dimetterà da deputato regionale: "Stop. Il mio cammino all’interno delle istituzioni finisce qui. Continuerò a sposare, come prima e più di prima, la causa del Movimento 5 Stelle e della Sicilia, ma fuori dal Parlamento. Nei prossimi giorni formalizzerò le mie dimissioni da sala d’Ercole. Un rappresentante della massima Istituzione regionale, diceva Paolo Borsellino, ‘non deve soltanto essere onesto, ma deve anche apparire tale’. Cosa che il mio rinvio a giudizio rischia di compromettere, proiettando ombre sul mio operato futuro e rischiando di danneggiare il progetto politico del Movimento 5 Stelle, che ho rappresentato con onore all’interno dell’Assemblea Regionale Siciliana”.

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