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Filippine nel caos, militanti Isis attaccano Marawi: almeno 21 morti negli scontri

Gruppi jihadisti filippini alleati con l’Isis hanno occupato la città di Marawi, nell’isola meridionale di Mindanao. Duterte ricorre alla legge marziale contro i ribelli.
A cura di Susanna Picone
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Philippine policemen check evacuees from Marawi

È di almeno ventuno morti tra cui una decina di militanti islamici il bilancio degli scontri a fuoco tra le forze governative e alcuni gruppi ribelli estremisti affiliati allo Stato Islamico a Marawi, città delle Filippine di 200.000 abitanti. Nelle ultime ore i ribelli hanno decapitato un capo della polizia, hanno dato fuoco ad alcuni edifici tra cui una cattedrale, hanno preso in ostaggio un prete cattolico e una dozzina di fedeli e hanno issato in città bandiere del Califfato. Il governo ha mandato a Marawi elicotteri e soldati, tra cui alcuni membri delle forze speciali statunitensi, allo scopo di riprendere il controllo della città ma nel frattempo migliaia di residenti hanno lasciato le proprie case. Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha reagito con l’imposizione della legge marziale sul territorio dell’isola meridionale di Mindanao, dando più poteri delle forze di sicurezza. Duterte ha anche detto che se la situazione non dovesse migliorare potrebbe imporre la legge marziale su tutto il Paese.

Già nei mesi scorsi il presidente Duterte aveva lanciato un’offensiva contro alcuni piccoli gruppi islamici che avevano giurato fedeltà all’Isis, con scontri che avevano causato decine di morti. La crisi è scoppiata a Marawi dopo un blitz fallito dell’esercito per fermare Isnilon Hapilon, comandante cinquantunenne del gruppo ribelle Abu Sayyaf e considerato tra i terroristi più pericolosi del Paese. Tra le altre cose, Hapilon è anche uno dei ricercati più importanti negli Stati Uniti: l’FBI ha promesso 5 milioni di dollari di ricompensa in cambio di informazioni che possano portare alla sua cattura. Dal gennaio scorso l’Isis ha riconosciuto il gruppo di Hapilon come un membro effettivo e rappresentante ufficiale nel Sud est asiatico, dopo che nell’aprile del 2016 tutti i “Maute” hanno promesso la loro fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi.

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