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Fiat, per fortuna c’è l’America

Cresce il divario tra i risultati di Chrysler e quelli di Fiat: ad agosto la controllata americana ha immatricolato il doppio delle vetture vendute in tutta Europa dal Lingotto, ossia quasi nove volte le immatricolazioni in Italia.
A cura di Luca Spoldi
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Fiat, Walesa visita impianto Chrysler a Detroit con Marchionne

Prima di poter dire che Fiat è tornata ad essere un marchio ritenuto “sexy” dagli automobilisti americani ce ne passa, anche se qualche “breccia” nello star system la Fiat 500 inizia a farlo col celebre presentatore (ed appassionato di due e quattro ruote) Jay Leno che ha fatto sapere di aver venduto la propria Fiat 500 Prima Edizione del 2012 (prezzo di listino 35.000 dollari) per  385 mila dollari ad un asta di beneficienza organizzata per la Fisher House Foundation. Di sicuro però i legami tra il Lingotto e gli States sono più forte ogni giorno che passa.

Il perché emerge con forza dai numeri che fotografano di mese in mese l’andamento delle immatricolazioni nel vecchio e nel nuovo continente: in agosto la Fiat ha immatricolato in tutto 79.927 vetture con un calo del 16,7% su base annua ed una quota di mercato calata dal 7,5% del giugno 2011 al 6,4%. Tra i marchi del gruppo crollano Fiat (-17,9%) e Alfa Romeo (-30,2%) mentre reggono Lancia/Chrysler (+0,2%) e Jeep (che anzi guadagna il 19,4%). In Italia la situazione è anche peggiore se possibile: in tutto il mese nel Belpaese si sono immatricolate solo 56.400 vetture, il 20,2% in meno di un anno prima, di cui 16.700 da parte del gruppo italiano (pari a una quota del 29,6%, stabile rispetto a dodici mesi prima) oltre 12 mila delle quali col solo marchio Fiat (5 mila Panda, 2.600 Punto e circa 1.700 Fiat 500).

Al di là dei valori assoluti che risentono del mese estivo i dati sono preoccupanti e hanno già portato l’amministratore delegato Sergio Marchionne a dichiarare di non aver mai visto in vita sua un mercato così depresso (tanto che secondo varie fonti il gruppo starebbe seriamente pensando di far slittare di un anno, dal 2014 al 2015, l’uscita del successore della Grande Punto per non bruciare inutilmente risorse). Ben diversi i numeri che continuano a venire da oltre oceano: il miglior agosto degli ultimi cinque anni ha visto Chrysler vendere 148.472 auto e Suv (+14% su base annua), come dire un numero di consegne doppio a quelle registrate in tutta Europa dal Lingotto e quasi nove volte (sic!) le vendite italiane.

Per Chrysler si è trattato del 34esimo mese consecutivo di crescita delle vendite, con segnali confortanti sia da parte dei modelli Fiat (4.150 le Fiat 500 vendute, il triplo che in Italia, +34% annuo complessivo anche grazie al lancio del quarto modello della 500, la Turbo, che affianca la versione base, la Abarth e la Cabrio) sia dei marchi Chrysler (+25% con oltre 28 mila vetture vendute), Ram (+18%, oltre 26 unità immatricolate), Dodge (+13%, 47.348 immatricolazioni tra cui i primi 3.045 esemplari del nuovo Dodge Dart) e Jeep (+5% con oltre 42.800 vetture immatricolate).

Fa dunque bene Marchionne a guardarsi intorno e cercare di far dimenticare quanto prima i proclami del “Progetto Italia” di cui da tempo si sono perse le tracce, come ricordano ad ogni occasione i sindacati italiani, sempre più preoccupati per la possibile chiusura di un altro stabilimento italiano oltre a Termini Imerese? Di certo il manager italo-canadese conosce il suo mestiere ma su almeno un paio di questioni non ha finora brillato: la prima è relativa alla presenza in Asia e in Cina in particolare, ancora assolutamente trascurabile nonostante anni di tentativi (e una partnership con gli indiani Tata che non sembra aver prodotto grandi risultati, tanto che di recente è stata annunciata la creazione di una rete di vendita per i soli marchi Fiat, scorporando un paio di centinaia di rivenditori finora facenti parte della rete Tata), la seconda è legata alla riorganizzazione delle produzioni nei vari stabilimenti italani.

Portare a Pomigliano la nuova Panda (in precedenza prodotta in Polonia) può aver garantito la sopravvivenza dell’impianto campano ma non sembra essere stata una mossa vincente. Meglio sarebbe forse stato imitare Volkswagen che in Germania continua a produrre i modelli di fascia alta dell’Audi e fuori casa fa assemblare citycar e modelli economici, per sfruttare anche il minor costo del lavoro e gli eventuali incentivi di alcuni stati dell’Est Europa (per inciso Fiat ha anche un conto aperto con la Serbia che ha promesso ma ancora non versato 60 milioni di euro a titolo di capitale per il proprio 33% di Fiat Serbija, proprietaria dell’impianto di Kragujevac da cui vengono esportati in tutta Europa i monovolume Fiat 500L).

Ma tant’è: se lo scenario macro non migliorerà (e sembra improbabile, almeno per il prossimo anno, anno e mezzo) Marchionne cercherà di sfruttare il più possibile la spinta di Chrysler e di minimizzare il peso delle produzioni italiane ed europee. Cercando nel frattempo, magari, di trovare il bandolo della matassa in Asia o di “chiudere” qualche nuove alleanza nel vecchio continente che consenta di ridurre l’eccesso di capacità produttiva più volte denunciato, chiudendo gli impianti più vecchi e meno redditizi o situati in paesi i cui limiti strutturali e la cui incapacità di riformarsi rendono non conveniente produrre.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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