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Caso Perna, l’associazione Antigone: “Non poteva stare in carcere: chi si è posto il problema?”

Mario Barone, Presidente di Antigone Campania e componente dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia: “Le condizioni del giovane non erano compatibili con la detenzione”.
A cura di Gaia Bozza
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Ricovero in ospedale psichiatrico, un passato di tossicodipendenza, gravemente malato e trasferito continuamente di carcere in carcere. Morto, infine, nel penitenziario più affollato d'Europa: Poggioreale. Federico Perna in pochi anni è stato in tantissimi istituti, troppi. “Come si fa a instaurare un rapporto stabile tra un detenuto malato e un medico in così poco tempo? Come può un detenuto essere curato e riabilitato in queste condizioni?”. A porsi queste domande è Mario Barone – Presidente di Antigone Campania e membro dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia – sul complesso e delicato caso di Federico Perna, il giovane gravemente ammalato morto nel carcere di Poggioreale l'8 Novembre 2013. La perizia della Procura di Napoli, nell'ambito dell'indagine avviata dopo il decesso del giovane, individua la causa della morte in un problema cardiaco cronico del ragazzo, l'occlusione di un'arteria, ed esclude le percosse; i legali e la madre Nobila Scafuro non escludono, invece, che Federico Perna, già malato, possa aver subito anche violenze durante la detenzione.

La perizia della Procura di Napoli ha escluso le percosse, ma la madre di Perna ha dei dubbi al riguardo.
“Guardi, tengo ad una premessa: rappresento un’organizzazione che preserva le garanzie nel sistema penale: essere garantisti significa anche avere consapevolezza che c’è un’indagine della Procura in corso, la quale sta svolgendo accertamenti. La signora Scafuro è portatrice di un interesse che potrebbe anche contrapporsi agli esiti delle indagini e attraverso i propri legali e consulenti medici di parte potrà dare un contributo di non secondo rilievo: l’accertamento della verità passa anche lungo questa strada”.

Velletri, Cassino, Viterbo, Secondigliano, Benevento, di nuovo Secondigliano e poi l'ultimo, Poggioreale. Tante carceri in tre anni. Tutto normale?
“No: evidentemente, l'apparato penitenziario non si è curato molto di questo individuo. È poi c’è una questione, secondo me, centrale”

Quale?
“Negli ultimi mesi di vita, Federico Perna è stato ristretto a Poggioreale, in un carcere dotato di Centro Clinico: eppure, è stato allocato in spazi detentivi comuni, come se fosse un detenuto sano. A Poggioreale, c’è il Centro Clinico (“S. Paolo”) con 40 posti disponibili e 80 ricoverati effettivi: perché un cittadino come Federico Perna non è stato ricoverato lì? Sarà la magistratura ad emettere un giudizio sulla responsabilità penale della morte di Perna; nel frattempo, occorre aprire una riflessione su di un sistema penitenziario che ha in custodia delle persone e che, pur avendo le strutture interne per la cura medica, non se ne fa carico, compromettendone seriamente la salute”

Ma Federico Perna poteva stare in carcere?
“No. Le sue condizioni non erano compatibili. Nel 2012, a Viterbo il responsabile dell’area sanitaria dell’istituto lo aveva dichiarato incompatibile con lo stato di detenzione a causa di una grave compromissione epatica con tendenza cirrotica. I sanitari che hanno preso in carico Perna negli ultimi mesi di vita dovevano conoscerne la storia clinica, hanno affrontato il problema della compatibilità? E come l'hanno risolto?”

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