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Federico Aldrovandi, a dieci anni dalla morte la manifestazione per ricordarlo

Dieci anni fa il diciottenne Federico Aldrovandi moriva durante l’arresto successivo ad un controllo di polizia in un parco pubblico di Ferrara. Una manifestazione tra venerdì e sabato con dibattiti, musica e immagini per ricordare il giovane.
A cura di Antonio Palma
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Sono passati dieci anni da quell'alba del 25 settembre del 2005 quando il diciottenne Federico Aldrovandi morì durante l'arresto successivo ad un controllo di polizia in un parco pubblico di Ferrara. Un episodio drammatico che ha sconvolto la famiglia del giovane e portato alla condanna in cassazione di 4 agenti, accusati di omicidio colposo per eccesso nell'utilizzo della forza, ma anche colpito l'opinione pubblica italiana innescando un dibattito ancora in corso sui metodi utilizzati dalle forze dell'ordine al di là delle sentenze penali. Per ricordare il giovane e proseguire il dibattito, proprio a Ferrara, nella piazza municipale, è stata organizzata una grande manifestazione pubblica in memoria del 18enne. Sarà una due giorni fatta di musica e immagini ma anche parole con gli interventi della madre e del padre del ragazzo scomparso. "La possiamo chiamare ricordo, il ricordo non di un eroe, ma di un ragazzo ucciso senza una ragione” spiega il padre di Federico, Lino Aldrovandi, che parteciperà all’incontro di sabato sul “reato di tortura”, una delle battaglie portate avanti dopo la morte di suo figlio.

“Terrò un breve discorso, per dire che noi che abbiamo perso un figlio lottiamo per i figli degli altri, per le tante persone che mi scrivono e mi ringraziano di quello che facciamo” ha spiegato il padre di Federico. "Quando penso che mio figlio gridava ‘basta, aiuto' mentre veniva picchiato tanto da spezzargli il cuore e fargli un buco in testa, l’unica cosa che mi viene in mente è che l’abbiano torturato. Purtroppo succede ancora, il nostro non è un caso isolato. Stefano Cucchi, Riccardo Magherini che urlava ‘vi prego, ho un figlio', ogni volta che emerge una storia simile le ferite si riaprono, rivedo negli occhi dei parenti un dolore che non auguro a nessuno, tanto che a volte mi sembra di impazzire. Forse è un’utopia la mia, ma dovrebbe essere la polizia stessa a chiedere l’introduzione del reato di tortura, non è possibile massacrare una persona che è nelle mani dello Stato, nelle mani più preziose" ha raccontato l'uomo al Corriere della Sera.

La madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti, parlerà invece questa sera nel dibattito “Tra cittadino e Stato: la violenza è inevitabile?” insieme a Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani del Senato, Lorena La Spina, segretario nazionale dell’Associazione funzionari di Polizia, e Daniele Tissone, segretario generale del Silp. “Si parlerà di ipotesi costruttive spero, perché voglio che questi giorni servano a costruire, non a distruggere. Per dieci anni c’è stata distruzione, prima la battaglia per le indagini, poi i processi e le condanne e infine chi rinnegava quelle condanne” ha ricordato Patrizia Moretti che nel luglio scorso ha annunciato di aver ritirato le querele contro il senatore Carlo Giovanardi, il sindacalista del Coisp Franco Maccari, e uno degli agenti condannati per la morte del figlio. "Mai avrei pensato che mi sarei trovata, nel giorno dell'anniversario della morte di mio figlio, a parlare con dei poliziotti: però questa adesso penso sia l'unica strada, l'unico modo sia quello" ha spiegato Moretti, aggiungendo: "Le persone che hanno ucciso mio figlio sono ancora in servizio però c'e' qualcuno che le cose forse le vuole cambiare. Credo che la possibilità di cambiamento sia solo dall'interno delle istituzioni per cui è particolarmente importate l'incontro di venerdì sera".

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