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Opinioni

Farmaci, il grande spreco degli italiani (che non si ferma nemmeno di fronte alla crisi)

Dal rapporto OsMed sull’uso dei farmaci in Italia una fotografia significativa delle abitudini degli italiani e sulle tante, troppe, differenze regionali. E una conferma del fatto che nemmeno la crisi ha fermato la “corsa al farmaco” degli italiani (che continuano a comprarne in quantità folle, senza nemmeno farne uso).
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Qualche giorno fa, utilizzando i dati diffusi dalla Corte dei Conti nel Rendiconto Generale dello Stato, vi abbiamo mostrato quale sia il peso complessivo della Sanità sulla finanza pubblica e quali effetti di breve e medio periodo abbia avuto la logica dei tagli lineari ed il costante impoverimento degli investimenti nel settore. Complessivamente la spesa a bilancio per le risorse utilizzate dal sistema sanitario nazionale ammonta a 113,683 miliardi di euro, con un disavanzo di circa 1 miliardo di euro interamente a carico di Regioni e Province Autonome. La maggior parte delle risorse vengono impiegate per gli oneri per il personale (35,6 miliardi) e per l'acquisto di beni e servizi (35,2 miliardi di euro), mentre circa 9 miliardi di euro sono a carico del sistema sanitario per quel che concerne la spesa farmaceutica convenzionata.

Tale cifra è da tempo oggetto di riflessioni e discussioni, sia all'interno della comunità scientifica che tra le associazioni di categoria ed i quadri dirigenti statali e regionali. Il punto è ben centrato dall'introduzione all'ultimo rapporto OsMed – Agenzia del Farmaco sull'uso dei farmaci in Italia: "In un momento storico in cui le risorse non sono solo limitate, ma sostanzialmente scarse, produrre informazioni utili al governo dell’assistenza farmaceutica al fine di favorire un’oculata allocazione delle finanze pubbliche rappresenta, oltre che un dovere istituzionale, un presupposto irrinunciabile sulla strada – da percorrere, non sempre agevolmente, per mantenere quegli standard di trattamento delle malattie e di tutela della salute di cui l’Italia è sempre stata riconosciuta leader in Europa". Insomma, partire dai dati per una vera spending review nel settore e soprattutto per quello che si spera possa essere un capovolgimento del rapporto fra cittadini e "farmaci" (questione sulla quale la letteratura è sconfinata).

Quanto costano i farmaci allo Stato ed ai cittadini

Il primo punto da cui partire è quello relativo ai costi dei farmaci, che dal 1 gennaio 2014 è determinato mediante contrattazione tra l'Agenzia Italiana del Farmaco e i produttori, attraverso una serie di parametri tra cui la valutazione complessiva dell'impatto economico sul Servizio Sanitario Nazionale, i prezzi a livello europeo, il costo terapeutico giornaliero ed il grado di innovatività del farmaco stesso. Peraltro la leggenda sul costo eccessivo dei farmaci in Italia è smentita dai dati, come si evince dal confronto con altre realtà europee:

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Discorso diverso e molto complesso per quel che concerne la compartecipazione dei cittadini alla spesa farmaceutica, che avviene sia tramite ticket (in tal senso è cruciale la legge 405 del 2001 che ha previsto la possibilità per le Regioni di "adottare delibere di introduzione/inasprimento della compartecipazione a carico del cittadino, attraverso l'introduzione / inasprimento della compartecipazione a carico del cittadino con ticket per ricetta o per confezione, al fine di compensare eventuali disavanzi della spesa farmaceutica regionale rispetto al tetto programmato"), che tramite le quote pagate direttamente dai consumatori sui medicinali a brevetto scaduto (che contempla la dibattuta questione sui farmaci equivalenti e sulla differenza di prezzo col medicinale a brevetto scaduto e che in molti casi incide per oltre il 60% della spesa totale degli italiani). Si tratta in ogni caso di cifre estremamente significative, dal momento che a livello nazionale la compartecipazione alla spesa ammonta a 1,4 miliardi di euro l'anno, con una spesa pro capite di 24,1 euro.

Gli italiani e i farmaci: le differenze a livello regionale

Ma è su base regionale che le differenze diventano estremamente significative, con dati da tenere in altissima considerazione (ricordiamo che la spesa farmaceutica pubblica regionale erogata in regime di assistenza convenzionata è di 8.863 milioni di euro e copre l'emissione di 608 milioni di ricette, che hanno determinato la distribuzione ai cittadini di 1,1 miliardi di confezioni di medicinali). Infatti, se si considera la sola spesa erogata direttamente dalle Regioni, notiamo incidenze inferiori alla media nazionale al Nord e ampiamente superiori al Centro Sud, mentre se si considera la spesa privata sostenuta direttamente dal cittadino, il risultato è l'opposto: insomma, il Paese appare sostanzialmente spaccato in due, come mostrano le tabelle:

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Ma c'è soprattutto la considerazione dell'aumento sul lungo periodo del consumo di farmaci, sia per quel che concerne la spesa pubblica (qui c'è una leggera inversione di tendenza nell'ultimo biennio, dovuta ovviamente alla contestuale riduzione di spesa) che quella privata:

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I dati sul consumo di farmaci per età e sesso sono poi emblematici, come si legge nella relazione OsMed: 

Le fasce di età superiori ai 65 anni evidenziano una spesa pro capite per medicinali a carico del SSN fino a 3 volte superiore al valore medio nazionale; inoltre, per ogni individuo con età maggiore ai 65 anni, il SSN deve affrontare una spesa farmaceutica 6 volte superiore rispetto alla spesa media sostenuta per uno individuo appartenente alle fasce di età inferiori […] Differenze di genere sono evidenziabili nella fascia di età tra i 15-64 anni, in cui le donne mostrano una prevalenza media d'uso dei medicinali superiore a quella degli uomini, con una differenza assoluta dell'8%.

Che sia necessario un cambio di paradigma, con un approccio consapevole e "sensato" alle cure farmacologiche, è fin troppo scontato. Non è solo un problema di distribuzione (questione sulla quale è intervenuto qualche mese fa il presidente di Assosalute Brovelli, spiegando come ogni anno siano milioni le confezioni di farmaci che finiscano distrutte durante il ciclo di produzione e distribuzione), ma anche di utilizzo e riutilizzo dei farmaci già acquistati dagli italiani (spesso le terapie sono interrotte a metà ed in generale i medicinali non sono assunti con continuità) e soprattutto di un approccio consapevole alle cure farmacologiche. Paolo Russo su La Stampa, riprendendo alcune raccomandazioni ministeriali, faceva qualche esempio chiaro: "Gli antibiotici, ad esempio: il rapporto dichiara che due volte su dieci li prendiamo quando non servono. Magari per un semplice raffreddore. L’influenza sta per arrivare. È un virus e gli antibiotici servono solo per combattere i batteri. Eppure come tutti gli anni, c’è da giurarci, ne verranno prescritti a valanga. Ignorando i continui appelli della società scientifiche sul loro uso oculato per non alimentare le cosiddette antibiotico-resistenze, che stanno generando nuovi super-batteri invincibili a qualsiasi farmaco".

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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