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Fare il saluto romano non è reato se non diffonde l’ideologia

I giudici della Corte d’Appello di Milano, riprendendo alcune sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, ha assolto due militanti di Casapound Milano dall’accusa di apologia del fascismo perché non avrebbero dolosamente cercato di diffondere l’ideologia fascista.
A cura di Charlotte Matteini
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Foto Piero Cruciatti / LaPresse 27-04-2014 Predappio, Italia Societa Commemorazioni per la morte di Benito Mussolini a Predappio Nella foto: Un camerata fascista fa il saluto romano davanti al Busto di Benito Mussolini Photo Piero Cruciatti / LaPresse 27-04-2014 Predappio, Italy Society Commemorations for Benito Mussolini’s death in Predappio In the photo: A man pays his tribute to Benito Mussolini with a roman salute

Marco Clemente e Matteo Ardolino, esponenti di Casapound Milano accusati di apologia del fascismo per avere fatto il saluto romano durante la tradizionale commemorazione del 29 aprile dedicata agli studenti Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, sono stati assolti per i fatti accaduti nel 2014 perché, secondo i giudici della Corte d'Appello di Milano "non è chiaro se il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva". Per i due esponenti di Casapound Milano era stata chiesta una condanna a 6 mesi di reclusione dal sostituto pg Annunziata Ciavarolo. La Procura appellante, infatti, aveva ribadito che "la sussistenza negli imputati della volontà diffusiva della ideologia fascista, intrinsecamente connessa alla modalità della manifestazione commemorativa". Secondo la Corte d'Appello, però, pur non essendoci alcun dubbio riguardo le condotte manifestate dai due imputati – difesi dai legali Vanessa Bonaiti e Jacopo Cappetta – che durante la commemorazione del 29 aprile 2014 manifestarono in ricordo dei 3 esponenti della destra milanese richiamando l'ideologia del fascismo, utilizzando "bandiere con croci celtiche, la chiamata al presente e il saluto romano, appaiono comunque dubbie la volontà e la capacità diffusiva della manifestazione stessa".

I giudici della Corte d'Appello, quindi, citando alcune sentenze della Corte Costituzionale, hanno ribadito che possono essere considerate condotte penalmente rilevanti solo quelle in cui "gesti di richiamo all'ideologia fascista siano svolti in occasione di una riunione pubblica" e "che vi sia il dolo, anche generico, di volere diffondere ideologia con atteggiamenti tali da porre in pericolo l'ordine democratico". La tradizionale manifestazione di commemorazione dedicata a Ramelli, Pedenovi e Borsani, invece, avrebbe natura commemorativa, nata per ricordare "la morte di tre persone, uccise nell'ambito di una violenta lotta politica, a causa della loro adesione a una ideologia". Come già rilevato in passato dal Gup, i partecipanti, "hanno sfilato in assoluto silenzio, con un atteggiamento di rispetto nella memoria delle vittime di violenza, senza innalzare cori inneggianti o esprimere propaganda e volontà di diffusione di un'ideologia". In pratica, il fare il saluto romano non implicherebbe di per sè l'intenzione di sollecitare l'adesione all'ideologia da parte di un numero indeterminato di persone estranee alla manifestazione" e le condotte vanno rapportate "all'evoluzione storico sociale che impone di valutare in maniera più rigorosa la sussistenza o meno del pericolo di diffusione dell'ideologia". Già nel marzo scorso la Corte di Cassazione aveva dichiarato l'inammissibilità totale del ricorso della Procura di Milano contro il proscioglimento di altri sette militanti di estrema destra accusati di apologia del fascismo per avere fatto il saluto romano nella stessa occasione.

Per lo stesso tipo di reato, commesso durante la commemorazione del 29 aprile 2013, sedici militanti di estrema destra furono invece condannati a un mese di reclusione e 250 euro di multa dai giudici della quinta sezione penale del Tribunale di Milano, che disposero inoltre un risarcimento complessivo pari a 16mila euro a favore dell'Anpi, costituitasi parte civile.

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