Falso in bilancio: salta la soglia di non punibilità (ma “sconti” per società non quotate)
Dopo una lunghissima discussione e tante polemiche, il Governo ha finalmente trasmesso al ministro per i Rapporti con il Parlamento l’emendamento al ddl corruzione che riguarda la disciplina del reato di falso in bilancio. Stando alle prime indiscrezioni raccolte in queste ore, sarebbe sparita la controversa norma sulle soglie di non punibilità (giudicata da molti commentatori una specie di colpo di spugna): dunque non ci sarà un limite “minimo”, né in percentuale rispetto al volume di affari né in valore assoluto, oltre il quale il falso in bilancio “diventerebbe” reato.
Ci sono però alcuni cambiamenti significativi rispetto alla prima versione del provvedimento, che è parte essenziale del disegno di legge sulla corruzione, attualmente in discussione nella Commissione Giustizia del Senato. In primo luogo si prevedono corposi sconti di pena per le società non quotate in borsa, che sul piano giurisprudenziale saranno nettamente distinte da quelle quotate: per le prime la pena potrà variare da un minimo di uno ad un massimo di cinque anni di reclusione, per le seconde resterà una pena minima di 3 anni ed una massima di 8. In tal modo però, il falso in bilancio per le aziende non quotate non potrà essere più reato intercettabile, dal momento che l’articolo 266 del codice di procedura penale sancisce che “presupposto ineludibile per ottenere gli ascolti” è l’ipotesi di reato superiore ai 5 anni (e non “fino a…”).
Secondo prassi a questo punto l’emendamento dovrebbe passare all’esame della Commissione, ma non è escluso che il Governo decida di inviarlo direttamente in Aula, sottoponendolo all’esame dei senatori senza pareri preliminari. Tale possibilità era stata oggetto di una lunga polemica, in particolare con i gruppi parlamentari di Forza Italia e della Lega Nord, suscitando anche lo scetticismo della minoranza del Partito Democratico.
