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Fact checking sul “caso Valeria Fedeli”

Il neoministro dell’istruzione non ha mai conseguito un titolo universitario, tuttavia la legge equipara il suo diploma ad una laurea per l’accesso al lavoro.
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Valeria Fedeli è laureata oppure no? E’ il quesito che, più di tutti gli altri, è girato sulla rete nelle ultime ore. Su questo bisogna essere chiari: la risposta è semplice. No, non è laureata. Il suo curriculum riporta un dato falso: non è mai stata “laureata in Scienze Sociali” avendo ottenuto “solo” il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano. Un “errore lessicale” lo ha definito il suo staff. La Fedeli non ha commentato.

Certo, il titolo del neoministro dell'istruzione è una laurea ma non è una laurea. Bisogna, però, dire che si tratta di un diploma equiparato alla laurea dalla legge italiana per quanto concerne l’accesso alla professione di assistenti sociali. Crea confusione, certo, il testo compreso sul curriculum pubblicato sul sito della Fedeli, laddove si definisce “laureata in Servizi Sociali (attuale laurea in Scienze Sociali)” ma, nella pratica, il suo titolo è utilizzabile nel mondo del lavoro, in astratto, quanto quello di un assistente sociale laureata.

Questo perché, fino al 1990, la professione di assistente sociale non era regolamentata dalla legge. Per cui, si poteva diventare assistente sociale o frequentando una delle otto “Scuole dirette a fini speciali” presso le Università di Roma La Sapienza, Siena, Firenze, Pisa, Lumssa, Parma, Cagliari, Urbino , che presso una delle scuole fondate nel 1946, aventi alcune natura di ente pubblico, altre ente di diritto privato. A tutte queste scuole  era possibile iscriversi solo dopo aver sostenuto l’esame di licenza superiore e, quindi, erano percorsi “paralleli” a quelli delle lauree universitarie. Tra gli enti maggiormente attivi in questo campo, l’Ensiss, l’Onarmo e, appunto, l’Unsas, frequentato dalla Fedeli nella sua sede di Milano. Si trattava di scuole in cui i periodo di studio erano divisi in “anni accademici” proprio come le università ed in cui, al fine del percorso, di doveva discutere una tesi, proprio come nelle università.

La riforma del 1990 attuava il dpr 14/1987 in cui era scritto che la formazione dell'assistente sociale era di esclusiva competenza universitaria. Dal 2000 è possibile diventare assistente sociale solo conseguendo una laurea, prima solo triennale, ora magistrale. Inoltre, per esercitare come assistente sociale non è sufficiente la laurea ma è necessario superare l'esame di Stato per l'abilitazione che consente l'iscrizione alla Albo professionale. Il problema, però, era come garantire tutti quelli che già lavoravano come assistenti sociali prima della riforma: per l’accesso alla professione, la legge equiparò i diplomi triennali delle scuole pubbliche e private a quelli universitari. In pratica, l’aver conseguito uno di quei diplomi dà agli assistenti sociali gli stessi diritti e doveri di chi, dopo il 2000, ha dovuto conseguire la laurea.

E’ da notare che il Ministero dell’Università, attraverso il proprio Ufficio Legislativo, nel 2003 ha precisato che il titolo di dottore spetta solo a chi ha conseguito la laurea universitaria. Dunque, la Fedeli è sì assistente sociale, ma non avendo mai frequentato l’univeristà, non è dottoressa. Quindi, i titoli rilasciati prima del DPR 14/87 e poi convalidati presso le università, pur se completamente parificati per l’accesso al lavoro, non danno diritto all’utilizzo del titolo di “dottore”.

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