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Eternit, arriva il verdetto finale. Una vittima: “Estradizione per Schmidheiny, voglio giustizia”

A ridosso della sentenza della Cassazione, la richiesta di Pasquale Falco, che a causa dell’Eternit di Bagnoli ha perso il padre e il nonno: “Chiedo l’estradizione per il magnate svizzero Schmidheiny”. Il re dell’amianto non si è mai presentato in aula e risulta irreperibile.
A cura di Gaia Bozza
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Il 19 Novembre è arrivato. E' sempre più vicino il momento della verità. Probabilmente la sentenza non ci sarà nello stesso giorno, la Corte potrebbe riaggiornarsi per il 24 o il 26, a causa del grande numero di parti, ma sarà scritta la parola fine. Le morti da amianto in Italia sono una strage silenziosa. Una strage che ha contato, e continua a contare, migliaia di vittime in tutto il Paese, e in tutti i luoghi dove è stata la fabbrica. Una mattanza che ha portato al processo-simbolo delle morti sul lavoro. E tra poco tempo la Corte di Cassazione pronuncerà il verdetto definitivo sulla vicenda Eternit, che ha contato migliaia di morti per mesotelioma pleurico, il terribile tumore dei polmoni provocato dll'inalazione di polveri d'amianto, nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale elvetico-belga e tra i cittadini di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). I giudici della Suprema Corte dovranno decidere se confermare la condanna a 18 anni all’unico imputato rimasto nel processo: il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, giudicato in primo e in secondo grado a Torino, insieme all’altro re dell' Eternit, il barone belga Louis de Cartier de Marchienne, morto prima della sentenza di secondo grado. In primo grado entrambi erano stati condannati a 16 anni. La meticolosa inchiesta è stata condotta dal pm Raffaele Guariniello;  l'accusa: disastro ambientale doloso. Secondo la ricostruzione di Guariniello, sempre confermata dal Tribunale e dalla Corte d’appello, i massimi vertici dell'impero dell'amianto sapevano tutto. E hanno fatto una scelta: quella di occultare la verità con ogni mezzo per continuare a fare soldi.

Sapevano e tacevano per il profitto – Nella sentenza di primo e secondo grado è stato dimostrato che Stephan Schmidheiny era consapevole del fatto che le fibre di amianto determinano l’insorgenza di mesoteliomi, tumori polmonari ed altre gravi patologie anche ai familiari dei lavoratori e a coloro che vivevano nei pressi dei cinque stabilimenti. “L’amianto non ha risparmiato nessuno, e anche le mogli e i figli, vittime inconsapevoli, sono state sacrificate sull’altare del profitto, da Casale Monferrato, a Cavagnolo, da Rubiera a Bagnoli, fino a Siracusa”. A parlare è l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto, che ha combattuto perché venisse riconosciuta questa strage silenziosa anche per gli stabilimenti esclusi.

L'esclusione di Bagnoli e Rubiera – In primo grado era stata dichiarata la prescrizione per il sito campano e quello emiliano.  Ma una massiccia mobilitazione e una serie di contromosse da parte dei familiari delle vittime e del pm Guariniello ha portato a inserire in appello anche le numerose morti di Bagnoli e Rubiera nel doloroso computo delle vittime dell'Eternit. Il più agguerrito, assistito dall'avvocato Bonanni, è stato senza dubbio Pasquale Falco, che per la terribile malattia ha perso il padre e il nonno. Una famiglia distrutta e decimata dall'amianto. Con noi di Fanpage.it, nel 2012 è venuto a documentare lo stato preoccupante dei luoghi, che ancora condizionano la salute di chi semplicemente vive intorno all'area dismessa.

Schmidheiny è irreperibile – Da quando è iniziato il processo, il magnate dell'amianto non si è mai fatto vedere in Italia, nessuno sa dove sia, qualcuno sussurra che si sia rifugiato a Santo Domingo. La conseguenza logica è che sarà un percorso arduo, per Guariniello,  ottenere l'estradizione e un risarcimento dei danni.  Questo non riduce l'importanza del processo, se la Cassazione confermerà la condanna per disastro ambientale doloso:  le persone colpite da una sentenza analoga all' interno dei nostri confini non sfuggiranno alla pena.

La richiesta di estradizione – Pasquale Falco ha già chiesto alle procure di Napoli e Torino che, in riferimento alla morte del padre e del nonno, entrambi dipendenti dell'Eternit ed entrambi uccisi dal mesotelioma, Schmidheiny venga estradato, e che risponda alla giustizia italiana anche sotto l’aspetto patrimoniale. Una provocazione ma fino a un certo punto, perché il magnate dell'amianto non si è mai presentato in tribuale ed è rimasto contumace.  “Se la condanna dovesse essere confermata – continua l'avvocato Bonanni – Non ci saranno più alibi di fronte alla nostra istanza per l'estradizione e il sequestro dei beni”. Anche perché lo “svizzero” non ha ancora risarcito i danni. “Per me è importantissimo che questa persona venga assicurata davvero alla giustizia” aggiunge Pasquale: il padre Luigi è stato ucciso dall'amianto dell'Eternit a ridosso della sentenza di primo grado che, amara ironia, escludeva il sito di Bagnoli per prescrizione. Per Pasquale “sono ore di attesa come quando si aspetta qualcosa di importante, ma con la consapevolezza di fare i conti con quella che è l'Italia: io ho messo in conto che potrebbe anche esserci un azzeramento di tutto. Schmidheiny? Per me rappresenta il male: mi ha tolto mio padre e mio nonno. Il suo volto e il suo nome fanno purtroppo parte della mia vita ed è una ferita che non si rimarginerà mai. Al di là di come andrà a finire – conclude – voglio ringraziare l'avvocato Bonanni che mi ha dato la possibilità di capire il sistema amianto, il pm Guariniello e la Procura di Torino. Non voglio ringraziare la politica, tantomeno quella locale, dalla quale non è venuta mai nemmeno una parola di conforto”.

Il presidio – In presidio a Roma, davanti alla Cassazione, ci sono anche questa volta i familiari delle vittime dell'amianto. Radunati alle 8.30 insieme a rappresentanze si sindacati, istituzioni e associazioni di familiari provenienti da Francia, Spagna, Svizzera, Belgio, Gran Bretagna, Brasile, Stati Uniti, Argentina. È prevista anche la presenza di Luciano Lima Leivas, magistrato brasiliano del pool della procura federale del lavoro, in visita in Italia per incontrare il procuratore Guariniello.

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