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“Erdogan è un nuovo Hitler”. La Turchia dà la caccia al giocatore di basket Enes Kanter

L’odissea del cestista degli Oklahoma City Thunder, squadra dell’NBA, in patria considerato un terrorista dopo le sue dichiarazioni al vetriolo contro il leader. Spiccato un mandato d’arresto internazionale nei suoi confronti.
A cura di Biagio Chiariello
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Enes Kanter, 25enne centro degli Oklahoma City Thunder, squadra dell’NBA, è sotto accusa in Turchia. Nei cui confronti è stato infatti spiccato un mandato d'arresto internazionale per terrorismo: il cestista è sospettato di far parte della rete dell'imam Fetullah Gulen, considerato responsabile del tentativo di colpo di stato dello scorso luglio. Un passo che molti si aspettavano inevitabile, dopo che nei giorni scorsi Kanter aveva definito il presidente turco Recep Tayyip Erdogan come “l’Hitler del nostro secolo”. I procuratori di Istanbul lo considerano "un latitante", perché sarebbe stato chiamato più volte a testimoniare ma avrebbe sempre rifiutato.

La settimana scorsa il giocatore dei Thunder era stato fermato all’aeroporto di Bucarest, e soltanto il possesso della green card e gli interventi del sindacato giocatori NBA e di due senatori dell’Oklahoma gli avevano permesso a Kanter di tornare negli Stati Uniti – via Londra – ed evitare il ritorno in Turchia. “Dove forse non avreste più sentito parlare di me” ha poi raccontato nei giorni scorsi a Manhattan, nella sede del sindacato giocatori.

Kanter aveva spiegato di essere fuggito nel cuore della notte dall'Indonesia, dove si trovava per un’iniziativa benefica della sua fondazione, proprio col timore che la polizia turca potesse arrivare a lui. Arrivato a Budapest però il cestista aveva scoperto che il suo passaporto era stato revocato. Una volta negli States, il 25enne si è sfogato duramente: "Non ho mai infranto nessuna legge ma sono ‘pericoloso'. Perché? Basta avere una vaga idea di che persona sia Recep Tayyip Erdogan, che ha trasformato il governo in una dittatura. La mia unica colpa è parlare delle cose in cui credo e condividere i miei pensieri sui social: per questo sono una persona pericolosa?".

Poi ha ringraziato chi gli è stato vicino in questi giorni: “La cosa che mi ha reso davvero felice e che mi ha rincuorato sono stati i messaggi di solidarietà che ho ricevuto appena ho twittato di essere arrivato negli USA. In tantissimi mi hanno scritto: ‘Benvenuto a casa”’, una frase che per me significa molto, soprattutto se arriva da persone che non mi conosco. Non ho idea di chi siano, ma mi danno un supporto enorme, condividendo quella che è la loro casa e dicendomi: ‘Tranquillo, da adesso è anche la tua. Non preoccuparti, ci prenderemo cura di te’. Questo è perché sono rassicurato dall’idea di essere qui”.

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