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Eluana Englaro, Consiglio di Stato: “La Lombardia doveva interrompere cure. Ora risarcisca il padre”

Secondo i giudici del Consiglio di Stato la Regione Lombardia avrebbe dovuto interrompere le terapie su Eluana Englaro. Ora l’amministrazione sanitaria dovrà rimborsare il padre, che fu costretto a trasferire la figlia in una struttura privata a Udine affinché venissero sospese alimentazione e idratazione.
A cura di Davide Falcioni
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Respingendo il ricorso della Regione Lombardia, il Consiglio di Stato ha approvato il risarcimento a Beppino Englaro, padre di Eluana. La Regione non si fece carico del ricovero della donna, in stato vegetativo per 17 anni, in una struttura sanitaria adeguata per la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione come richiesto dal padre. Per questo Eluana fu in seguito trasferita dalla casa di cura di Lecco alla casa di riposo la Quiete di Udine dove morì il 9 febbraio 2009. A Beppino Englaro la Regione dovrà risarcire quasi 133.000 euro.

Secondo i giudici l'amministrazione sanitaria regionale "avrebbe dovuto, in ossequio ai principi di legalità, buon andamento, imparzialità e correttezza, indicare la struttura sanitaria dotata dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, tali da renderla ‘confacente' agli interventi e alle prestazioni strumentali all’esercizio della libertà costituzionale di rifiutare le cure". Se ciò fosse avvenuto Beppino Englaro non sarebbe stato costretto a ricorrere al trasferimento di sua figlia in una struttura privata a Udine, dove Eluana è morta il 9 febbraio 2009. Il Consiglio di Stato, nelle 56 pagine della sentenza, ha rilevato che il diritto di rifiutare le cure, riconosciuto ad Eluana Englaro dalla Corte di Cassazione, e, in sede di rinvio, dalla Corte di appello di Milano, "è un diritto di libertà assoluto, efficace erga omnes. Pertanto, si tratta di una posizione giuridica che può essere fatta valere nei confronti di chiunque intrattenga il rapporto di cura con la persona, sia nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche che di soggetti privati".

Secondo i giudici la Regione Lombardia, dopo 17 anni di cure a Eluana, "era tenuta a continuare a fornirle la propria prestazione sanitaria, anche se in modo diverso rispetto al passato, dando doverosa attuazione alla volontà espressa dalla stessa persona assistita, nell’esercizio del proprio diritto fondamentale all’autodeterminazione terapeutica". Di conseguenza, dal momento che il comportamento della Regione Lombardia ha causato un danno alla famiglia Englaro il risarcimento del danno non muta "ed è pari alla somma complessiva di 132.965,78 euro, oltre accessori, di cui 12.965,78 a titolo di danno patrimoniale (oltre agli interessi legali dal momento dell’esborso e fino alla data di pubblicazione della sentenza) e di 120.000 a titolo di danno non patrimoniale con l’aggiunta di interessi e rivalutazione".

Dal canto suo la Regione Lombardia, tramite l’assessore al Welfare Giulio Gallera, ha commentato: "Provvederemo a dare corso alla sentenza secondo i termini di legge. Le pronunce dei giudici non si commentano, ma si attuano, per questo, ancorché i fatti oggetto della sentenza di oggi siano imputabili alla precedente amministrazione, procederemo al risarcimento di Beppino Englaro”.

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