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Edward Hopper: il “pittore del silenzio” che ispirò Alfred Hitchcock moriva 50 anni fa

Cinquant’anni fa moriva Edward Hopper: pittore della solitudine e del silenzio, attraverso i suoi capolavori ha raccontato un’epoca della storia americana. E non solo: i suoi quadri ispirarono Hitchcock per il Bates Motel di “Psycho”.
A cura di Federica D'Alfonso
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Edward Hopper, "Tavola calda" (1927)
Edward Hopper, "Tavola calda" (1927)

Indicato da molti come il vero e unico precursore della Pop Art, definito da André Breton il “Giorgio de Chirico americano”, Edward Hopper è stato uno dei più importanti artisti del Novecento statunitense: le atmosfere cariche di solitudine e i personaggi solitari dei suoi quadri sono divenuti i simboli indiscussi di un'intera epoca storica. Edward Hopper muore il 15 maggio del 1967, esattamente cinquant'anni fa. Ma dopo oltre mezzo secolo il suo fascino è rimasto invariato: si è, anzi, caricato di sempre nuovi significati, incarnando quel malessere solitario e silenzioso che ancora oggi si annida nella vita quotidiana.

Il suo realismo solitario, struggente e poetico, sceglie gli spogli appartamenti della middle class, le tavole calde, le sale di cinema e i bar notturni quali teatri in cui l'isolamento, l'incomunicabilità e l'alienazione della vita quotidiana si raccontano. Un'incomunicabilità vissuta e sentita quale fondamento dell'arte dallo stesso Hopper, sempre estremamente silenzioso e taciturno: “se potessi dirlo a parole, non ci sarebbe alcun motivo per dipingere”.

"Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo": le sue scene sono spesso deserte, immerse nel silenzio, e raramente vi è più di una figura umana. Emerge, da quadri come “The wine shop” o “Summer Interior” una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti e la loro interiorità. Non a caso, di Edward Hopper è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio".

I Nottambuli: una solitudine senza tempo

Edward Hopper, "Nighthawks" (1942), Art Institute of Chicago
Edward Hopper, "Nighthawks" (1942), Art Institute of Chicago

La sua opera più famosa resta senza dubbio “I Nottambuli”, dipinta nel 1942 ed oggi esposta presso l'Art Institute di Chicago. Attraverso un anonimo angolo di strada Edward Hopper riesce, in questo quadro, a raccontare tutto il disagio e il malessere dell'America degli anni Quaranta.

Una città fantasma, immersa nel sonno, e un unico bar aperto in cui il silenzio sembra ancora più acuto che all'esterno: un barista e tre clienti popolano il vuoto interiore che è il vero soggetto del quadro, e che va al di là del tempo e dello spazio per raccontarci una condizione eterna dell'essere umano.

Hopper e il grande cinema

"La casa vicino alla ferrovvia" ispirò Hitchcock per "Psycho"
"La casa vicino alla ferrovvia" ispirò Hitchcock per "Psycho"

Osservando numerosi quadri di Hopper si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un fotogramma di un film noir degli anni Quaranta. L'arte di Edward Hopper fu più volte paragonata alle storie inquiete di Howard Hawks e ai personaggi al margine di film come “La polizia bussa alla porta” o “Lo sconosciuto del terzo piano”.

In effetti, molti furono i registi che proprio dai dipinti del maestro americano presero spunto per alcuni dei capolavori più celebri della storia del cinema: primo fra tutti Alfred Hitchcock. L'inquietante “Bates Motel” di Psycho prende spunto proprio da “House by the Railroad”, dipinta da Hopper nel 1930.

Gustav Deutsch, Shirley: Vision of Reality (2015)
Gustav Deutsch, Shirley: Vision of Reality (2015)

Anche l'italiano Dario Argento, nell'immaginare il “Blue Bar” che compare in “Profondo Rosso”, pensò direttamente a “I Nottambuli” del 1942. Ma Hopper non è entrato solo indirettamente nella storia del cinema: il regista austriaco Gustav Deutsch, nel 2015, ha prodotto un film interamente ispirato alle sue opere. In “Shirley: Vision of Reality” tredici quadri del maestro, tra cui “Rooms by the sea” e “Cape Cod morning” prendono letteralmente vita.

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