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Guerra all'Isis

Ecco il piano di Oxford e Harvard contro la distruzione dei monumenti da parte dell’Isis

Migliaia di piccoli droni sorvoleranno e fotograferanno le aree archeologiche di Iraq, Siria e altri paesi: le immagini verranno archiviate e confluiranno in un database. Contrabbandare reperti sarà sempre più difficile.
A cura di Davide Falcioni
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Anche le università di Harvard e Oxford partecipano alla lotta all'Isis, ma non lo fanno imbracciando le armi, piuttosto mettendo in campo un team di archeologi che dovrà tentare di portare il salvo e mettere in sicurezza gli inestimabili monumenti e reperti archeologici minacciati dal califfato in Siria e Iraq. Stando a quanto reso noto dal Times il progetto dei due prestigiosi atenei prevede di inviare in tutte le aree a rischio dei piccoli droni "a basso costo" dotati di telecamere 3D che riprendano il maggior numero possibile di reperti. E' quanto si legge in una lettera dell'Institute for Digital Archaeology (Ida) di Oxford, che ha messo a punto il progetto da 2 milioni di sterline (2,7 di euro), con il sostegno dell'Unesco.

Il progetto si ripropone di scattare almeno 5 milioni di fotografie di reperti storici a partire dalla Mesopotamia: una volta archiviate le immagini, entro la fine dell'anno si punterà a mettere concretamente in salvo siti e scavi, tentando di preservarli dalla furia dello Stato Islamico. In concreto a partire da ottobre l'Ida distribuirà centinaia di piccoli droni del costo di poche decine di euro a una rete di archeologi iracheni, per poi allargare l'operazione anche in Siria, Libano, Iran, Yemen, Afghanistan e Turchia orientale. Milioni di immagini ad altissima risoluzione verranno archiviate e finiranno in un database contenente migliaia di opere a rischio distruzione o saccheggio.

Ciò, nelle intenzioni degli archeologi, consentirà anche di combattere il traffico di reperti con cui lo Stato Islamico riesce a reperire preziosi finanziamenti: "Se (nei prossimi mesi) qualcuno metterà in vendita sul mercato un oggetto sostenendo di averlo ottenuto in Siria nel 1930 sapremo che non sarà vero perché sapremo quale era la sua esatta posizione nel 2015", ha spiegato Roger Michel, direttore del progetto.

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