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Ebola, curati con un farmaco sperimentale un medico e un’infermiera. Ora stanno bene

L’epidemia d’Ebola è la più grave dall’apparizione della febbre emorragica nel 1976. Le scorte di vaccini a disposizione sono assolutamente insufficienti per curare tutti. Un medico e un’infermiera in condizioni disperate hanno accettato di farsi curare con lo Zmapp, farmaco sperimentale: ora stanno bene.
A cura di Biagio Chiariello
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UPDATE – Kent Brantly, medico statunitense contagiato a inizio agosto dal virus dell'ebola mentre si trovava in missione in Liberia, è stato dimesso dopo essere stato trattato con il farmaco sperimentale Zmapp. Rilasciata anche  Nancy Writebol, infermiera che insieme all'uomo aveva contratto la malattie ed è stata curata con lo stesso siero nell'ospedale universitario di Emory ad Atlanta. Secondo il Samaritan Purse i due sarebbero ora in discrete condizioni di salute. Il dottor Brantly ha dichiarato: "Oggi è un giorno miracoloso, sono entusiasta di essere vivo, di stare bene e di ricongiungermi con la mia famiglia. Dio mi ha salvato la vita ed ha esaudito migliaia e migliaia di preghiere. Il farmaco sperimentale Zmapp, testato finora solo sulle scimmie, è stato utilizzato sia sul medico che sull'infermiera. Entrambi hanno accettato  la terapia viste le drammatiche condizioni in cui versavano. Una "scommessa" che è stata vinta, ma che non ha sortito gli stessi effetti sul missionario spagnolo 75enne Miguel Pajares.

30 mila persone avrebbero necessità di ricevere i farmaci sperimentali e i vaccini contro l'Ebola, ma le scorte sono del tutto insufficienti alla misura dell'epidemia. In particolare quelle di anticorpi mono e policlonali (ZMapp) sarebbero già terminate e molti altri medicinali sono disponibili in quantità sufficienti a curare appena qualche decina o tutt'al più qualche centinaio di malati, non certo migliaia o decine di migliaia. Ecco perché l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) starebbe pensando a soluzione alternative per debellare il virus. Tra queste, la possibilità di usare gli anticorpi contenuti nel plasma di chi è scampato alla malattia per aiutare i malati.

"Alcuni studi suggeriscono che usare il sangue dei sopravvissuti può essere una strategia di successo – spiega David Wood dell'Oms – Anche se le ricerche finora hanno dato risultati contrastanti, vale la pena di provare questa strada visto il bilancio delle vittime. Stiamo consultando i tecnici che hanno la capacità di maneggiare il sangue, per capire quando questa strategia potrà essere effettivamente disponibile".

Del resto, la situazione non è delle più semplici. Come si legge in una notizia ‘World View’ sulla rivista Nature, se la epidemia dove dilagare anche nelle comunità urbane il problema dei contagi crescerebbe in modo esponenziale e allora le persone bisognose di interventi preventivi e terapeutici aumenterebbero vertiginosamente. Per la cronaca, i casi accertati di ebola sono arrivati a 2.240 con 1.229 decessi. Ad ogni modo un altro aiuto nella lotta all’Ebola dovrebbe giungere anche dai due robot ‘made in Usa' partiti per la Liberia per combattere il virus nei luoghi contaminati: con dei raggi ultravioletti particolari, gli UV-C, gli automa disinfettano molto velocemente ambienti contagiati come i reparti ospedalieri.

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