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Dopo l’offerta cinese per Pirelli arriva quella indiana per Pininfarina

Prima Pirelli finita nel mirino di China National Tire&Rubber, ora Pininfarina che pare in procinto di passare sotto il controllo di Mahindra & Mahindra. Più che il fascino del “made in Italy” è l’abbondanza di denaro a basso costo a facilitare fusioni e acquisizioni in tutto il mondo…
A cura di Luca Spoldi
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Non si era ancora spento l'eco dell’annunciato passaggio del controllo di Pirelli da Camfin al gruppo cinese China National Tire&Rubber (controllata da ChemChina) e le discussioni circa la possibilità che il rilancio che il mercato sembra attendere rispetto ai 15 euro per azione finora previsti, che i n una giornata sottotono per il listino italiano si sono improvvisamente accesi i riflettori su Pininfarina, che ha chiuso la giornata a +26% (5,15 euro per azione) dopo l’indiscrezione relativa all’interesse da parte del produttore automobilistico indiano Mahindra & Mahindra, già cliente del gruppo piemontese (che negli ultimi anni ha visto prima la morte dell'erede designato, Andrea Pininfarina, poi del capofamiglia, Sergio), a rilevare la quota in mano alla famiglia (77% del capitale), cosa che imporrebbe il lancio di un’Opa residuale sull’intero flottante allo stesso prezzo che fosse stabilito per far cambiare bandiera al gruppo.

Il ritrovato amore dell'estero per il “made in Italy” sembra in realtà essere influenzato più dall’abbondante liquidità presente sui mercati e dalle prospettive di un rafforzamento della ripresa in Europa (e da una tenuta della crescita negli Usa e in buona parte dell’Asia) che non da uno specifico appeal dell’ex “bel paese”. Sta di fatto che se da noi tengono banco operazioni da 7,1 miliardi (che potrebbero salire a 8 miliardi almeno se il prezzo per Pirelli dovesse salire a 16 euro a titolo) o anche da qualche centinaia di milioni (Pininfarina capitalizza stasera 123 milioni di euro in tutto e se anche l’offerta si concretizzasse e fosse lanciata sui massimi segnati nel marzo dello scorso anno a 5,33 euro, non si supererebbero i 150 milioni di controvalore), in queste stesse ore Wall Street non reagisce alla notizia che Kraft Foods sarà rilevata da 3G Capital per essere poi fusa con H.J.Heinz, già controllata da Berkshire Hathaway (holding dell’ottuagenario “guru” di Wall Street, Warren Buffet) e dare vita a un colosso alimentare da 28 miliardi di dollari di fatturato.

Se gli stranieri non sono dunque “all’arrembaggio” dell’Italia e dei suoi marchi e aziende più celebri più di quanto non avvenga sui principali mercati mondiali quasi ogni giorno, che sta succedendo? Semplicemente che mentre i banchieri centrali e i governi si affastellano da mesi per cercare di risolvere la crisi banco-sovrana esplosa nel 2010, continuando a pompare quanta più liquidità possibile e tenendo bassi i tassi sui titoli di stato, così da far in qualche modo sciogliere l’iceberg dei crediti “problematici” che resta tuttora il vero scoglio da evitare per riuscire a far riprendere l’economia (e non è detto ci si riesca, perché i dubbi circa una possibile “sottoriservazione” dei rischi su credito in particolare da parte delle banche popolari, appena riformate ma solo per quel che riguarda gli istituti di vertice, restano consistenti come ricorda giustamente Mario Seminerio), il mercato si sta occupando di trovare investitori pronti a subentrare ai capitali italiani (storicamente limitati rispetto ai concorrenti internazionali) soprattutto in settori maturi e/o ad elevata intensità di capitale.

Settori dove fatturati e utili si fanno più con la dimensione che non con l’inventiva o il solo “fascino” di un marchio, sia pure storico, come il trasporto aereo (Alitalia), le attività di raffineria (Saras), l’auto-gomma (per ora Pirelli e Pininfarina, ma il futuro sembra già scritto anche per Fiat Chrysler Automobiles), l’acciaio (Falck) o il settore petrolifero (su Saipem e sulla stessa Eni sono già state indicate come “oggetto proibito” dei desideri di gruppi come Rosfnet o Gazprom). Il passaggio del controllo da famiglie italiane, in alcuni casi senza più eredi interessati a portare avanti l’attività, a operatori esteri non è di per sé negativo (o positivo) e andrà giudicato, da un punto di vista nazionale, in base al grado di radicamento che le aziende in questione manterranno o svilupperanno nel nostro paese rispetto alla situazione ex-ante. Da notare che quasi tutti questi gruppi avevano ed hanno una consistente presenza su mercati esteri, senza i quali la stessa Pininfarina, ancora pochi anni or sono arrivata a un passo dal fallimento prima di una decisa ristrutturazione assistita dalle banche italiane, forse non sarebbe più qui.

L’ingresso di nuovi capitali stranieri dovrebbe anche alleggerire l’esposizione della banche italiane, contribuendo ad alleviarne ulteriormente i problemi, mentre resta da capire cosa faranno dei capitali ottenuti gli ex proprietari: in alcuni casi, come per Marco Tronchetti Provera, sembrano intenzionati a rimanere al comando operativo delle attività che hanno sviluppato per tanti anni, in altri casi potrebbe prevalere la scelta di investire in rendite. Nell’uno e nell’altro caso se i risultati fossero positivi in termini di profitto lo stato italiano potrebbe compiacersi della novità, quanto meno per le maggiori entrate fiscali che ne conseguirebbero, più di quanto pubblicamente non mostrino le forze politiche e sociali, solitamente sospettose e probabilmente timorose di perdere la “presa” su importanti serbatoi di consenso pubblico. Sarebbe il caso di guardare il calendario e rendersi conto che siamo ormai nel XXI secolo e non ha molto senso rimpiangere i “bei tempi” che furono e che non torneranno e provare semmai a gestire le nuove sfide del presente e porre le basi per creare nuove opportunità per il futuro nostro e dei nostri figli e nipoti.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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