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Donna morta dopo l’aborto: somministrato usato un farmaco in disuso da anni

La donna avrebbe assunto il Methergin, un farmaco soppiantato da anni da un altro prodotto ritenuto più sicuro ed efficace.
A cura di D. F.
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A finire nel mirino – dopo la morte di Anna Maria M., donna che ha perso la vita mercoledì sera all'ospedale Martini dopo la somministrazione di un farmaco per un aborto – è il Methergin, medicinale molto utilizzato in ginecologia per interrompere le gravidanze senza ricorrere all'intervento chirurgico. Il farmaco sarebbe ormai un prodotto datato: da tempo le strutture più all'avanguardia l'avrebbero sostituito con il Cytotech, considerato più sicuro. Ad Anna, invece, sarebbe stato somministrato proprio il Methergin in abbinamento con il Toradol e le prostaglandine: il primo e il secondo sarebbero serviti a ridurre il dolore, il terzo invece per favorire l'espulsione del feto. Questi tre farmaci ora sono al vagglio degli inquirenti, che tenteranno di capire cosa abbia provocato la morte della donna.

Nel frattempo – in seguito al decesso di Anna Maria – è riesplosa la discussione su quali siano i metodi più sicuri per abortire senza ricorrere alla chirurgia. La donna avrebbe accusato il primo malore – con delle difficoltà respiratorie – proprio dopo l'assunzione di Methergin, medicinale usato molto fino a qualche anno fa. Ma il vero problema è forse che non esiste ancora un protocollo unico nei casi di aborti chimici. Silvio Viale, medico che a lungo si è battuto per introdurlo, ha spiegato a Repubblica: "Purtroppo   l'interruzione volontaria della gravidanza è un intervento che viene studiato pochissimo nella sanità italiana e che rappresenta quasi uno sgradevole obbligo, senza ricerca né aggiornamento in materia. Il primo e finora unico corso di formazione si è tenuto al Sant'Anna l'anno scorso, il protocollo ministeriale dà indicazioni generali e comunque non è obbligatorio seguirlo".

Viale, tuttavia, non accusa i medici che hanno "trattato" Anna Maria: "Sono sicuro che hanno fatto tutto quanto era giusto. Ma se il collega Alessandro Lauricella (unico medico non obiettore al Martini, ndr) venisse da noi a fare un turno per l'interruzione di gravidanza sarebbe meglio. Da noi 32 ginecologi su 88 non sono obiettori, e 24 effettuano concretamente interruzioni di gravidanza, con turni di lavoro che capitano circa due volte al mese: non si può definire un'emergenza, ma vale lo stesso principio degli altri ospedali, e cioè che sarebbe meglio realizzare gli interventi là dove c'è la casistica più ampia e la qualità migliore".

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