446 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Direzione PD, ok a Renzi. Ma al voto non partecipa la minoranza

In scena l’attesissima Direzione Nazionale del Partito Democratico con il braccio di ferro fra la minoranza e la maggioranza sulla riforma del Senato.
A cura di Redazione
446 CONDIVISIONI
Immagine

Ore 19.35 – Ok unanime a Renzi – La direzione del Partito democratico ha approvato all'unanimità la relazione del segretario Matteo Renzi sulle riforme. Al voto non hanno preso parte gli esponenti della minoranza. "Abbiamo detto con chiarezza – ha spiegato il bersaniano Alfredo D'Attorre – che le riforme si votano in Parlamento, non in direzione". Non è però chiarissimo se tale linea sarà condivisa anche dagli altri esponenti della minoranza, considerate le posizioni molto più concilianti espresse ad esempio da Zoggia e dalla Zampa e l'apertura sostanziale dello stesso Gianni Cuperlo.

D'Attorre in ogni caso ribadisce:

Più conciliante e fiducioso, invece, Roberto Speranza, ex capogruppo alla Camera dei deputati:

Ore 18:55 – Dopo il dibattito, la parola torna a Matteo Renzi per la replica. E il Presidente del Consiglio parte proprio dalla questione dell'eventuale riapertura delle proposte emendative sull'articolo 2: "Sarebbe inusuale, non si è mai sentito della riapertura dell'esame in una doppia conforme. E la discussione si riaprirebbe su tutto, inutile negarlo, ce lo dice la nostra prassi parlamentare". Poi la "mezza apertura" alla minoranza: "Sono pronto a discutere di un meccanismo di ‘designazione' dei senatori, ma non sull'elezione diretta". A questo punto l'ipotesi è che la modifica vada a toccare l'articolo 35 del ddl (sulle funzioni dei consiglieri regionali) o l'articolo 10 (sul procedimento legislativo) e non l'articolo 2, come chiesto dalla minoranza.

Dopo l'intervento di Renzi, Cuperlo tira le somme:

Ore 17:30 – Il primo intervento di replica è quello di Gianni Cuperlo, che dopo aver dichiarato di apprezzare la linea del Presidente del Consiglio sulla questione migranti, chiede che sia "riconosciuto" lo sforzo della minoranza nella mediazione sulle riforme, che "restano traguardo da tagliare assieme". Poi l'apertura ad una mediazione: "Sì alla designazione dei consiglieri regionali da parte degli elettori dei nomi che andranno ad occupare gli scranni al Senato" (il riferimento è alla proposta Chiti, che prevedeva poi ratifica da parte dei Consigli Regionali).

Ore 16:50 – Entra finalmente nel vivo della questione articolo 2 Matteo Renzi: "La mia idea originaria era quella di metterci i Sindaci, ma in generale la discussione su chi siederà nel Senato ci trova aperti e disponibili a modifiche. In sintesi, se qualcuno vuole discussione civile nel merito noi ci siamo, ma se la minoranza vuole ribadire un diktat, ha sbagliato indirizzo e noi non ci fermiamo. Di fronte ai tentativi di rilancio continuo, a fronte di aperture, si sappia che in un Paese civile i diktat non li può mettere la minoranza". Poi l'affondo su Grasso: "Il Presidente del Senato ha lasciato intendere di poter riaprire le modifiche su una norma votata con una doppia conforme, il che sarebbe inedito Costituzione alla mano. Se ciò dovesse accadere ne prenderemo atto ma a questo punto ci vorrà una riunione dei gruppi del PD di Camera e Senato".

Marcucci conferma la linea:

Ma l' "avvertimento" di Renzi non è piaciuto a molti commentatori, fra cui Nichi Vendola:

Ore 16:45 – Continua l'intervento del Presidente del Consiglio alla Direzione del PD. "Stiamo togliendo al Senato il potere di legiferare e dare la fiducia al Governo", spiega Renzi: "Il Senato sarà la Camera delle Autonomie, con la riforma della Costituzione elimineremo enti inutili e daremo meno competenze alle Regioni, insomma, meno regole ma più chiare". Poi l'affondo: "Nessun potere del Presidente del Consiglio viene modificato, l'unica risposta di fronte a chi dice che siamo in presenza di una svolta autoritaria è una risata".

Ore 16:30 – Entra nel vivo l'intervento di Renzi, con un passaggio sulla questione migranti: "Si tratta di aiutare chi sta fuggendo tra la vita e la morte, a fronte di questo ci stiamo accanendo sulla discussione fra il comma x e il comma y, invece di guardare al fatto che nell'Europa del 2015 si tirano su nuovi muri. Salvini? Era ad Agorà Estate a dire che avrebbe ospitato un profugo a casa sua, dopo aver detto tutto il contrario in passato. I 5 Stelle invece passano da Farage ad Orban, sono quella roba lì". Poi l'esame degli ultimi indicatori economici:

Ore 16:15 – Comincia con un po' di ritardo la direzione nazionale del Partito Democratico. Ad aprire, dopo una breve introduzione di Orfini, è il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che parte da lontano, con un bilancio dei primi giorni di scuola con la nuova riforma del Governo: "Abbiamo aumentato il numero degli insegnanti di sostegno e dotato le scuole del finanziamento necessario. Quanto alle polemiche sugli insegnanti, mi fa piacere dire che solo qualche decina non abbia accettato la destinazione".

Ore 15:40 – A quanto si apprende in questi minuti, Pier Luigi Bersani non parteciperà alla direzione nazionale. Si tratterebbe di un gesto fortemente significativo, anche se a parere di qualche analista non metterebbe la parola fine ad ogni ipotesi di vera mediazione sull'articolo 2 del disegno di legge di riforma della Costituzione.

Speranza, invece, ricorda che la linea della minoranza non è cambiata:

Come noto, è in discussione al Senato della Repubblica il disegno di legge costituzionale Renzi – Boschi, che, tra le altre cose, modifica composizione, struttura, compiti ed elezione del Senato. La questione è disciplinata dall’articolo 2 del ddl, oggetto appunto di contrapposizione all’interno del Partito Democratico (in attesa di capire se il Presidente del Senato consentirà la presentazione degli emendamenti o se sceglierà di seguire la linea suggerita da Anna Finocchiaro). Le posizioni sono conosciute da tempo: da un lato la maggioranza del partito, che fa direttamente riferimento al Presidente del Consiglio e spinge per l’approvazione senza modifiche sostanziali del provvedimento già licenziato in prima lettura dalla Camera dei deputati; dall’altra la minoranza del Partito, compatta intorno alla linea Cuperlo – Bersani, decisa ad emendare l’articolo 2 in modo da ripristinare l’elezione diretta dei senatori.

Una battaglia decisiva per il futuro del provvedimento, soprattutto considerando che i numeri al Senato sono risicatissimi:

Il Partito Democratico ha al momento 112 senatori (il Presidente Grasso non vota), Area Popolare ne ha 35, il gruppo PSI – Autonomie 19 (cui vanno aggiunti altri 6 senatori del Misto che hanno sempre appoggiato la maggioranza e altri 2 / 3 membri del Gal). Il totale è di 174 voti, cui vanno aggiunti i 10 senatori verdiniani, che hanno annunciato il loro voto favorevole. Dunque la maggioranza avrebbe 184 voti, con il quorum fermo a 161.

Il punto è che la minoranza del Partito Democratico sulla carta può contare su 28 voti, facendo scendere la dote renziana a quota 156. Dunque, sull’articolo 2 (e in generale sugli emendamenti presentati dalla minoranza dem), il Governo potrebbe andare sotto? La possibilità è più che concreta, considerando anche che la minoranza sembra compatta e determinata ad andare fino in fondo. Ma la partita è aperta e si gioca voto su voto (già in queste ore si parla di 25, non 28 senatori dissidenti), non solo in casa PD. E una mano a Renzi potrebbe arrivare ancora dal gruppo misto (ex 5 Stelle?) o da qualche dissidente di Forza Italia.

Fonti della maggioranza hanno confermato la volontà di "trattare" sull'articolo 2, ma senza "accettare veti sull'elettività diretta, che non è più in discussione". La minoranza, invece, si dice convinta di poter contare su un bacino di 25 / 28 consensi e conferma la linea della "inesistenza della disciplina di partito quando si vota sulla Costituzione".

446 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views