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Opinioni

Danno non patrimoniale (danno biologico) identificazione delle voci e quantificazione

La Cassazione del 13.1.2015 n.285 analizza due aspetti interessati: l’applicazione analogica dell’art. 652 cpp oltre le ipotesi espressamente indicate dalla norma di efficacia del giudizio penale nel giudizio civile, l’identificazione dell’oggetto (voci) del danno non patrimoniale e delle modalità di liquidazione del danno non patrimoniale (danno biologico): quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa ex art. 1226 cc deve garantire, non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perché esaminati da differenti Uffici giudiziali, garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale.
A cura di Paolo Giuliano
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Nell'ambito della responsabilità derivante dalla circolazione stradale, sorgo sempre alcune problematiche: 1) il rapporto (o l'influenza) del giudizio penale e nel giudizio civile e la descrizione (identificazione del contenuto) del danno non patrimoniale e della sua liquidazione.

Per chiarire l'applicazione pratica di quanto sopra indicato si potrebbe ipotizzare una situazione nella quale a seguito di un incidente stradale si verifica il decesso di uno dei soggetti coinvolti, il quale a sua volta lascia un coniuge.

In questa situazione inizia il procedimento penale per accertare le responsabilità del decesso ed occorre valutare le conseguenze derivanti dalla sentenza penale sul processo civile. In generale, sul punto si può affermare che il nostro ordinamento non è più ispirato al principio dell'unità della giurisdizione e della prevalenza del giudizio penale su quello civile, essendo stato creato il sistema della quasi completa autonomia e separazione tra i due processi, nel senso che, ad eccezione di alcune e limitate ipotesi di sospensione del processo civile (ex  75 cpp, 295 cpc, 654 cpp e 211 disp att. cpp), da un lato il processo civile deve proseguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale, con la conseguenza che lo stesso giudice civile non è vincolato a sospendere il giudizio avanti a lui pendente in attesa della definizione del giudizio penale (Cassazione del 10.3.2015 n. 4758)

Anche se il principio di base è l'autonomia del giudizio penale dal giudizio civile, sussistono delle eccezioni in base alle quali il giudice civile deve considerare l'accertamento effettuato in sede penale.

Una di queste eccezioni è prevista dall'art. 652 cpp secondo il quale "la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75 comma 2"

Come si è detto, la disposizione di cui all'art. 652 cod. proc. pen., cosi come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituiscono un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile; occorre, però, valutare se l'art. 652 cpp è limitato solo alle ipotesi ivi indicate o potrebbe essere applicato anche ad altre ipotesi non indicate espressamente dalla norma.

L'art. 652 cpp non è applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1768 del 26/01/2011.

Passando ad analizzare l'altro aspetto relativo all'identificazione del contenuto del danno non patrimoniale (subito non solo dal soggetto danneggiato, ma anche dai parenti del soggetto danneggiato) e della conseguente necessità dell'identificazione delle modalità di liquidazione del danno, è possibile ricordare che quanto all'aspetto relativo all'identificazione dell'oggetto (del contenuto o delle voci)  che compongono il danno non patrimoniale, in questo danno rientra non solo il danno che subiscono i parenti di un soggetto deceduto in seguito ad un incidente stradale, (danno parentale), ma anche il danno che subisce colui che si vede pignorare, in modo illegittimo, una abitazione.

Per cui si può osservare che, la categoria generale del danno non patrimoniale – che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio – presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva,

  • quali il danno morale (identificabile nel paterna d'animo o sofferenza interiore subìti dalla vittima dell'illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana),
  • quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali – ove essi ricorrano cumulativamente – occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell'integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computato due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni. Sez. 3, Sentenza n. 1361 del 23/01/2014

Inoltre "nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziali" e che "garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale – e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. -, salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono"

Cass., civ. sez. III, del 13 gennaio 2015, n. 285 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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