1 CONDIVISIONI

Danilo Di Luca e il doping: “Ho barato e non mi pento”

Di Luca, ex ciclista e vincitore del Giro d’Italia 2007, radiato a vita nel 2013 per doping, ha scritto la sua biografia ‘Bestie da vittoria’. Nell’intervista rilasciata a ‘Le Iene’ ha anche attaccato tutto il mondo del ciclismo: “Tutti sanno la verità. L’ambiente ti sollecita a doparti”.
A cura di Alessio Morra
1 CONDIVISIONI
Immagine

Danilo Di Luca oggi ha quarant’anni e per un lungo periodo è stato uno dei migliori ciclisti italiani. Nel 2007 vinse il Giro d’Italia e una delle grandi classiche di primavera – la Liegi-Bastogne-Liegi – e qualche anno prima trionfò anche al Giro di Lombardia. La sua carriera si è chiusa nel peggiore dei modi con una squalifica a vita. Perché dopo essere stato trovato positivo al CERA nel 2009 (ebbe due anni di stop) nel 2013 risultò positivo all’EPO, e per questo la federazione internazionale ha deciso di escluderlo per sempre. Adesso Di Luca è ritornato protagonista perché ha scritto la sua biografia ‘Bestie da vittoria’ in cui confessa apertamente di aver barato e dice che nel ciclismo tutti fanno uso di sostanze illecite: “Ho barato come tutti, sono stato fregato da un errore. Non mi pento, senza aiuti non avrei mai vinto. Ho fatto quello che dovevo fare per arrivare primo”.

Il libro di Di Luca uscirà la settimana prossima, ma l’ex ciclista ha raccontato alcuni particolari della sua storia in un’intervista a ‘Le Iene’ in cui ha parlato pure degli ultimi mesi della sua carriera, del suo ultimo Giro d’Italia:

Scopro che hanno modificato il sistema di rilevare la presenza di Epo nel sangue fino a 24 ore dopo l’assunzione. Io l’avevo fatta alle 11 di sera. Con 500 unità, i tempi di rintracciabilità sono dalle 3 alle 6 ore, ero tranquillo, sarei risultato pulito anche se fossero venuti al mattino. Ma i miei calcoli non sono serviti a niente.

Di Luca, che adesso fa il costruttore di biciclette, ha parlato anche dei ‘trucchetti illeciti’ dei velocisti, ha raccontato del suo avvicinamento al doping, che è stato graduale e soprattutto ha sparato a zero nei confronti dell’ambiente del ciclismo, che ‘costringe’ tutti gli atleti ad aiutarsi in modo illecito:

Nel ciclismo tutti sanno la verità, ma la verità è inaccettabile. Quando i direttori sportivi dicono ‘non so niente’ mentono. L’ambiente non ti obbliga a doparti, ti sollecita, il campione crea un indotto. I ciclisti sono degli eccellenti infermieri, ma non basta l’EPO per diventare un campione. Non si può riportare tutto alla farmacia. Noi mentiamo alla famiglia, alle mogli, ai giornalisti, ai massaggiatori, ai meccanici, perfino ai nostri colleghi. Ogni ciclista sa che tutti si dopano eppure nessuno parla e qualcuno sostiene di andare a ‘pane e acqua’. Tutti si dopano e tutti lo rifarebbero.

Io ho iniziato a doparmi nel 1997 nel mio terzo anno da dilettante, inizia con la farmacia. Ma seriamente l’ho fatto nel 2001 nel terzo anno da professionista. Noi diventiamo come animali, come bestie. I velocisti prendono la nitroglicerina in pastiglie per fare delle sfiammate supersoniche negli ultimi tre chilometri. La sciolgono sotto la lingua prima della volata. Tornano nuovi.

1 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views