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L'”infermiera killer” di Lugo si difende: “Sono innocente, non merito questo”

Daniela Poggiali è sospettata di aver ucciso decine di pazienti con iniezioni letali. Ma lei assicura: “Sono innocente”. E’ la prima volta che la 43enne parla direttamente della propria vicenda.
A cura di Biagio Chiariello
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Daniela Poggiali, l'infermiera di Lugo (Ravenna) accusata di avere ucciso una paziente con una iniezione letale di potassio, ha inviato una lettera scritta a mano all'Ansa, nella quale si dichiara innocente e afferma "di non meritare tutto questo". La 43enne è attualmente rinchiusa nel carcere di Forlì  per l’omicidio di un’anziana paziente; risulta indagata per vilipendio di cadavere e sospettata dalla procura di essere la responsabile di altre morti avvenute nelle corsie dell’Ospedale Umberto I dove lavorava. Secondo gli inquirenti, la Poggiali avrebbe iniettando del cloruro di potassio nelle vene degli anziani, una sostanza tanto letale quanto irrilevabile all’autopsia. Nella lettera parla dell'inchiesta dei carabinieri: "La vita di una persona normale viene stravolta all'improvviso da un'indagine giudiziaria fatta di perquisizione in casa; sequestro di effetti personali fino ad arrivare dopo qualche mese all'esito finale e più crudele: la carcerazione".

La lettera dell'infermiera di Lugo

E descrive come i giornalisti hanno raccontato il suo caso: "Tutti si sono meravigliati perché il giorno della conferma del mio arresto avessi quel sorriso all'uscita dall'aula… nessuno però in televisione ha fatto vedere che quel sorriso era rivolto al mio compagno (…). Nessuno ha capito che dietro quel sorriso non c'è altro che disagio e sofferenza".  Non manca il riferimento pure ai famosi scatti che la ritraggono sorridente assieme a una paziente appena deceduta, "due immagini che agli occhi dell'opinione pubblica mi hanno fatta diventare un ‘mostro senza pietà". La lettera della Poggiali si chiude con una speranza: "Rimango comunque fiduciosa nella giustizia… in attesa di potermi difendere nella sede opportuna che rimane sempre quella di un'aula di un tribunale".

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