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Dal contrabbando al lavoro nero: oltre 200 miliardi sfuggono al Fisco ogni anno

Nell’ultimo rapporto dedicato all’economia sommersa, l’Istat ha rilevato che l’ammontare delle attività economiche illecite svolte in Italia sarebbe pari a 211 miliardi di euro, pari al 13% del Pil, in aumento rispetto agli anni precedenti.
A cura di Charlotte Matteini
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Traffico di droga, prostituzione, lavoro in nero, redditi evasi: quanto incide l'insieme delle svariate attività illecite sul prodotto interno lordo italiano? La cosiddetta economia sommersa, denominazione che raggruppa tutti i redditi prodotti da attività che fuggono alle maglie del Fisco, ogni anno viene quantificata empiricamente da una statistica prodotta dall'Istat. Essendo pressoché impossibile stabilire in maniera puntuale l'esatto ammontare del valore delle attività illecite che si suppone vengano svolte in Italia, l'Istat ha arrangiato una stima nel rapporto dedicato all'economia non osservata e ritiene che in Italia il valore complessivo delle attività sommerse sia pari a 211 miliardi di euro, ovvero il 13% del prodotto interno lordo annuo totale. Gran parte di questo tesoretto, una cifra pari a 194,4 miliardi di euro, sarebbe riconducibile ad "attività volontariamente celate alle autorità fiscali, previdenziali e statistiche, mentre i restanti 17 miliardi circa farebbero capo ad altre attività illecite quali produzione e traffico di droga, prostituzione e contrabbando.

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Nell'ultimo rapporto Istat, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2014, si certifica inoltre una preoccupante crescita dell'incidenza di queste attività illecite sul prodotto interno lordo, che passa dal 12,4% al 13% del Pil. Uno 0,6%, pari a pochi miliardi di euro, ma che alla luce degli scontri tra l'Esecutivo italiano e l'Unione europea per l'innalzamento delle soglie di flessibilità di bilancio necessario a realizzare alcuni interventi per il risanamento e la crescita dell'economia appare invece essenziale per far quadrare i conti pubblici.

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"Il valore aggiunto generato dall’economia non osservata nel 2014 deriva per il 46,9% (47,9% nel 2013) dalla componente relativa alla sotto-dichiarazione da parte degli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali", si legge nel rapporto Istat. Inoltre, altro dato molto allarmante evidenziato dall'istituto di statistica, nel lasso di tempo analizzato si assiste a un significativo aumento del numero di lavoratori irregolari, pari a 3 milioni 667 mila, in prevalenza dipendenti (2 milioni 595 mila), registrando un incremento pari a 180 mila unità rispetto all'anno precedente. "Il tasso di irregolarità dell’occupazione risulta particolarmente elevato nel settore dei Servizi alla persona (47,4% nel 2014, 2,4 punti percentuali in più del 2013), seguono a grande distanza l’agricoltura (17,5%), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,5%) e le Costruzioni (15,9%)".

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