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D’alema: “Pd e M5S alternativa diabolica, non in grado di portare l’Italia fuori dal disastro”

In un’intervista concessa al quotidiano Il Manifesto, l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema traccia una quadro della situazione in cui versa attualmente la cosiddetta sinistra a sinistra del PD: “In un altro contesto potremmo intrattenerci con l’idea di lungo periodo di ricostruire la sinistra. Oggi però chi lo pensa manca di senso di responsabilità, di senso della gravità della situazione e non possiamo permettercelo. La rottura è quello che non possiamo permetterci”.
A cura di Charlotte Matteini
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La necessità, al momento, per la sinistra sulla via dell'unitarietà è evitare la rottura che più parti, più o meno in causa, da tempo paventano. In un'intervista concessa al quotidiano Il Manifesto, l'ex presidente del Consiglio traccia una quadro della situazione attuale e dell'eventuale evolversi della congiuntura politica. Prendendo spunto da un attacco personale ricevuto nel corso dell'assemblea organizzata domenica scorsa a Roma da Tomaso Montanari e Anna Falcone, D'Alema spiega a chi domanda un'opinione: "Da vecchio militante ho una certa esperienza di assemblee, in questa c’era un po’ di estremismo. A partire dall’introduzione di Tomaso Montanari". Il riferimento è all'invettiva sulla guerra "illegale" in Kosovo del 1999, anno in cui D'Alema era presidente del Consiglio. "Vorrei spiegare a Montanari che di questo fui accusato da un gruppo di giuristi. Poi la Cassazione emise una sentenza che archiviò tutto riconoscendo la piena legittimità del mio agire. L’accusa è decaduta, se lui la rilancia è una calunnia. Il mondo è complesso, prima di parlare meglio informarsi, non ci si aspetta da un illustre storico dell’arte una sortita inutile e dannosa. Non si fanno battute a caso, tanto più se si lavora ad unire la sinistra". Insomma, al bando gli estremismi. Per costruire la sinistra unita, il progetto che la sinistra rincorre da almeno vent'anni senza mai riuscire a realizzarlo, occorre essere tutti d'accordo evitando guerre di posizione.

La prima impressione "è che ci fosse un certo furore iconoclasta, non contro Renzi ma contro tutti", soprattutto contro l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, virtualmente fischiato da alcuni militanti accorsi all'incontro. Pisapia non era presente all'evento, è stato nominato dal senatore di Articolo 1 – Mpd, Miguel Gotor, durante un intervento tenuto dal palco del Brancaccio. Tra Montanari, Falcone e Pisapia i rapporti appaiono passivamente tesi: si rincorrono frecciatine velate lanciate attraversi i media, ma il conflitto tra le parti al momento rimane sedato. Il punto di scontro maggiore è che Pisapia viene visto dal popolo del No al referendum costituzionale, il popolo che Falcone e Montanari si propongono di unire, come un traditore per il semplice fatto di aver sostenuto la posizione opposta durante la campagna referendaria. Oltretutto, Pisapia al momento viene "tirato per la giacchetta" da Matteo Renzi, che a più riprese ha proposto pubblicamente un'alleanza con l'ex sindaco arancione di Milano.

"Il becerare contro Pisapia e i fischi a Gotor non portano lontano. Gli organizzatori dovevano fermarli, sono inutili anche alla causa che cercano di sostenere. Altro segno di estremismo e settarismo, l’avversione verso il più vicino: quello più lontano è un avversario, quello più vicino è il traditore, spiega D'Alema. "La situazione del paese è grave, persiste la difficoltà italiana di agganciare la ripresa, persistono le gravissime diseguaglianze, c’è un enorme problema disoccupazione giovanile, e l’attuale guida del governo, che pure ha fatto delle cose sui diritti civili, non appare in grado di imprimere la svolta necessaria al paese. Il paese va verso elezioni in cui le alleanze saranno due: quella del Pd con Forza italia da una parte, quella di Grillo con Salvini dall’altra. Un’alternativa diabolica, nessuna in grado di portare il paese fuori dal disastro. Dobbiamo raccogliere tutte le forze e mettere in campo un’altra possibilità. Nell’assemblea, fra qualche eccesso estremistico di cui dicevo, si è espressa però anche una ricchezza di risorse, di militanza e impegno civile, quello che i partiti – che non sono autosufficienti – debbono ascoltare. Ma quello che non ho avvertito è l’urgenza e la responsabilità di una sfida di governo. E invece dobbiamo offrire al paese una chance. Anzi, è il nostro dovere".

"In un altro contesto potremmo intrattenerci con l’idea di lungo periodo di ricostruire la sinistra. Oggi però chi lo pensa manca di senso di responsabilità, di senso della gravità della situazione e non possiamo permettercelo. La rottura è quello che non possiamo permetterci. Non sono i fischi che ci spaventano, il punto è che spetta a chi ha voluto l’iniziativa del Brancaccio promuovere una svolta rispetto a quell’atteggiamento contraddittorio", prosegue l'ex presidente del Consiglio.

"Ero vicino a Vendola, gli ho ricordato che Pisapia non è una perfida creatura del renzismo. E comunque quest’atteggiamento è ingeneroso. Io lavoro all’idea di una lista aperta alla società civile, che non sia un cartello di partiti, che incalzi il Pd sui contenuti, con l’idea che in questo paese l’alternativa alla destra si può fare solo con ‘un centrosinistra marcato da una discontinuità'. Sa cos’è? Sono le parole di Pisapia a Milano, all’iniziativa di Art.1, e le condivido. Falcone e Montanari capiranno che non c’è apertura se ci si prende a pernacchie. Dicono ’passiamo ai contenuti’: bene, al Brancaccio in mezzo a qualche follia ho sentito cose interessanti, si possono sviluppare. Ma è strumentale dire che non sappiamo cosa pensa Pisapia dei voucher: ha espresso solidarietà alla Cgil".

Riguardo alla proposta delle primarie di coalizione avanzata da Pisapia a Renzi, D'Alema spiega: "Consideriamolo un eccesso di generosità destinato a fallire, anzi già fallito visto che Renzi – ma che disinvoltura è quella di chi passa in un’ora dall’alleanza con Berlusconi a quella con Pisapia? – gli ha proposto un pugno di posti. Ci fa piacere pensare che era una proposta così implausibile da essere stata fatta apposta per essere rifiutata. In ogni caso abbiamo un disperato bisogno di lavorare su quello che ci unisce, e non lasciarci affliggere dalla malattia mortale della sinistra ovvero l’entusiasmo per ciò che divide. Dobbiamo sentirne il dovere".

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