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Crollo ponte A14, il responsabile della sicurezza dei lavori: “Non so cosa è successo, non sono ingegnere”

L’architetto Francesco D’Alterio, coordinatore per la sicurezza dei lavori della Spea Engineering, società alla quale era stata affidata la progettazione dei lavori del ponte 167 dell’autostrada sull’A14, ha dichiarato di fronte alla commissione parlamentare d’inchiesta di non essersi fatto nessuna idea su quello che è accaduto lo scorso 9 marzo: “Sono un architetto, non un ingegnere”.
A cura di Davide Falcioni
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Dall'errato allestimento dei ponteggi alla mancanza di protezioni adeguate e imbracature, passando per un inadeguato trattamento dei cavi elettrici nella centralina che comandava i martinetti: sono solo alcune delle contestazioni che, dal momento dell’apertura del cantiere, erano state mosse ai responsabili della Delabech dall’architetto Francesco D’Alterio, coordinatore per la sicurezza dei lavori della Spea Engineering, società alla quale era stata affidata la progettazione dei lavori del ponte 167 dell'autostrada sull’A14, crollato il 9 marzo causando la morte di due persone.

Ebbene, mentre l'inchiesta per far luce su quanto accaduto va avanti ieri D'Alterio è stato ascoltato dalla Commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro, presieduta dalla senatrice Camilla Fabbri. L'architetto, in audizione, ha spiegato di non essersi fatto "un’idea precisa su cosa abbia provocato il crollo del cavalcavia". "Sono un architetto non un ingegnere strutturista", ha dichiarato, innescando una dura reazione da parte della Fabbri: "Le risposte arrivate in audizione sono apparse elusive e approssimative rispetto al suo ruolo di coordinatore per la sicurezza, tenuto a ispezionare e controllare il cantiere, in particolare verificare la coerenza fra la progettazione della sicurezza e la sua realizzazione".

In effetti il 9 marzo scorso D'Alterio si era recato al cantiere tra le 9.30 e le 10.30: in quel momento probabilmente le operazioni di sollevamento del ponte erano ancora in corso: in quell'occasione l'architetto effettuò dei rilievi agli operai che stavano lavorando, uno dei quali relativo alla ‘nastratura’ dei cavi elettrici della centralina dei martinetti, gli apparecchi che come un cric dovevano sollevare il ponte. "Desta stupore e lascia perplessi – continua Fabbri – che di fronte ad un evento così eclatante, come il crollo del ponte, lo stesso coordinatore per la sicurezza non ci abbia saputo dire, anche in termini generici, le ragioni che secondo lui potrebbero aver determinato questo tragico incidente. Nel piano operativo di sicurezza, infatti, viene chiaramente riportato che uno degli eventuali rischi di un sollevamento di un impalcato, se non effettuato in modo corretto, è proprio ‘la repentina caduta dell’impalcato per eventuale accidentale cedimento di uno o più martinetti’".

Nel frattempo l’avvocato Vincenzo Maccarone, che assiste i familiari di Antonella Viviani ed Emidio Diomede, i coniugi morti a causa del crollo, ha preparato una richiesta di risarcimento che verrà inviata ad Autostrade per l’Italia, la società che aveva commissionato i lavori sul cavalcavia a Pavimental, ditta del gruppo Autostrade che aveva subappaltato l’intervento, e a Delabech, che aveva materialmente eseguito il sollevamento del ponte. Autostrade per l'Italia avrebbe già manifestato la disponibilità ad erogare il risarcimento.

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