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Crollo della borsa cinese: arrestato un giornalista. Avrebbe diffuso dati falsi

Le autorità cinesi hanno arrestato Wang Xiaolu, giornalista accusato di aver diffuso dati falsi e di conseguenza fatto crollare le borse.
A cura di D. F.
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Wang Xiaolu: sarebbe questo il nome del colpevole dei crolli a ripetizione della borsa cinese la scorsa settimana, che ha causato turbolenze che si sono innervate poi anche in Europa. La colpa dell'uomo? Quella di aver diffuso per primo la notizia delle difficoltà dei mercati finanziari, innescando una reazione a catena che ha avuto ripercussioni in tutto il mondo. Le direttive del governo erano infatti chiare: non dare notizia di quelle turbolenze.

Xiaolu è stato quindi arrestato con l'accusa di aver “costruito ad arte e diffuso false informazioni sui titoli azionari e il mercato dei futures”.Intervistato dalla tv di stato Cctv il giornalista ha confessato le sue responsabilità: “Ho ottenuto notizie da conversazioni private, quindi in un modo non normale, e ho aggiunto il mio giudizio personale e opinioni soggettive per completare la storia. Non avrei mai dovuto pubblicare l’articolo, che ha avuto un forte impatto negativo sul mercato in un momento così delicato. Non avrei dovuto farlo solo per attirare l’attenzione, causando al Paese e agli investitori una così grave perdita. Sono molto dispiaciuto (…) e voglio confessare il mio crimine".

La versione del governo cinese è dunque chiara: le gravi turbolenze sulla borsa non sono state causate da reali difficoltà, bensì da un effetto domino innescato dall'articolo del giornalista e da poche altre "mele marce". Secondo l'agenzia Nuova Cina quasi 200 manager sarebbero stati sanzionati dalle autorità facenti capo a Pechino con l'accusa di aver diffuso informazioni false che avrebbero determinato il crollo del 40% delle quotazioni di borsa da metà giugno a oggi. Oltre al giornalista, infatti, nei guai sono finiti Xu Gang, Ouyang Jianshen e Liu Shufang, rispettivamente di importanti enti statali.

Quel che appare certo a molti osservatori occidentali è che l'arresto del giornalista e degli altri sia una manovra per dissimulare dalle reali difficoltà di Pechino. Intanto David Bandurski, ricercatore dell’università di Hong Kong e coordinatore del China media project, ha dichiarato l'arresto di Wang “non è legato alla natura del suo articolo, ma al suo impatto politico. Appare come una vendetta”. Il governo cinese aveva infatti chiesto esplicitamente ai mezzi di informazione di “non condurre analisi approfondite e non speculare sulla direzione del mercato” oltre a  “non esagerare il panico o la tristezza”.

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