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Costretto ad andare a prostitute per dimostrare al datore di lavoro di non essere gay

Il dipendente di un ristorante riminese ha denunciato le vessazioni subite dal suo datore di lavoro ai carabinieri.
A cura di D. F.
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Costretto ad andare a prostitute per dimostrare al suo datore di lavoro di non essere omosessuale. E' quanto accaduto a Marco (nome di fantasia", un giovane cuoco che ieri ha denunciato ai carabinieri di Rimini l'incredibile abuso che avrebbe subito la sera del 20 dicembre. L'uomo, 40 anni e gay dichiarato, lavorava in un ristorante da un mese: quella sera, dopo la chiusura del locale, il titolare gli avrebbe rivolto pesanti epiteti: "Mi ha detto ‘ricchione’, ‘omosessuale’, ‘frocio’. Poi: ‘Ci devi dare la prova che non sei omosessuale’, invitandomi con insistenza ad andare a prendere una prostituta per strada".

Intervistato dal Resto del Carlino Marco, invalido civile all'80%, ha riferito di essere invalido civile all'80% e di soffrire di disturbi dell'umore e bipolarismo. L'uomo ha tentato di sottrarsi agli abusi del suo datore di lavoro, che però è arrivato a minacciarlo: "Mi ha detto ‘è meglio per te, va a prendere una prostituta’". Marco, in "stato di inferiorità come dipendente e temendo di perdere il posto di lavoro", ha preso la propria auto arrivando in via Cavalieri di Vittorio Veneto. "Qui – racconta – ho incontrato ‘Maria’, bionda e di origini romene. Le ho chiesto di venire con me, spiegandole la questione. E lei ha accettato". Rientrati nel ristorante Marco è stato costretto – secondo quanto si legge sui verbali – ad appartarsi con la prostituta: "Di tanto in tanto il titolare veniva a vedere cosa stavamo facendo – prosegue – continuando ad umiliarmi: ‘Che schifo, ricchione’".

Ma il racconto continua: "Tutti – tranne un dipendente del posto che se n’è andato per lo schifo – si sono anche divertiti a chiedere alla ragazza se ero veramente omosessuale. Lei ha risposto che ero a posto, ‘normale’. Ma loro ribattevano ‘non è vero, è ricchione’. Dopo due settimane sono stato licenziato, ricevendo un assegno di 1.400 euro che si è rivelato scoperto. Ho lavorato 36 giorni, sempre in nero. E’ stata la goccia definitiva. Sono andato dai carabinieri denunciandolo per minacce e ingiurie".

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