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“Così fan tutte” irrompe al Teatro dell’Opera di Roma con la regia di Graham Vick

Torna al Costanzi l’opera buffa di Wolfgang Amadeus Mozart “Così fan tutte”, con il debutto a Roma della bacchetta di Speranza Scappucci, in scena fino al 27 gennaio.
A cura di Massimiliano Craus
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Il regista Graham Vick con il cast, ph. Yasuko Kageyama
Il regista Graham Vick con il cast, ph. Yasuko Kageyama

Il 2017 capitolino si apre con l'opera buffa in due atti "Così fan tutte", degna della migliore tradizione italiana di Wolfgang Amadeus Mozart che, con il libretto di Lorenzo Da Ponte, ha realizzato una trilogia di cui le altre due opere "Nozze di Figaro" e "Don Giovanni" saranno rappresentate nel prossimo biennio. Premesse e promesse di grande smalto per il Costanzi, nuovamente a disposizione dello spartito del compositore salisburghese a distanza di dieci anni dall'ultima rappresentazione del "Così fan tutte" ed in questi giorni affidato alla debuttante bacchetta di casa Speranza Scappucci ed alla regia dell'esperto Graham Vick. Come ci spiega la stessa direttrice

questo debutto all’Opera di Roma è per me forse il più significativo, perché il Costanzi è il teatro della mia città. Qui, in questa sala meravigliosa, da bambina vidi la mia prima opera, "La sonnambula" di Bellini. E più tardi, dopo lunghi studi e gavette in tutti i teatri del mondo, venni a lavorare qui in qualità di maestro collaboratore. Oggi salire sul podio dove tanti grandi sono stati, è per me un immenso onore e un’emozione. Così fan tutte è, più di ogni altra cosa, un’opera di vasta e profonda umanità, che contiene tutta la gamma dei nostri sentimenti: rabbia, amore, perdono, senso di colpa, gelosia tra amanti e tra amici, pentimento… La fusione tra musica e parole, è perfetta ed è fondamentale capire i doppi e i tripli significati del libretto. D’altra parte l’intera trilogia Mozart-Da Ponte esige una perfetta comprensione della lingua italiana, una lingua che, con la sua abbondanza di vocali, condiziona strutturalmente la partitura. Così fan tutte si rivela un’opera piena di sfumature, chiaroscuri, sottotesti che è compito di noi interpreti mettere in luce.

Ma l'anno nuovo del Costanzi non si arricchisce solo del debutto della romana Speranza Scappucci sul podio ma anche del ritorno di Graham Vick. E qui il soprintendente Carlo Fuortes gongola sul presente e sul futuro prossimo mozartiano, affidato ancora una volta alle esperte mani del sessantatreenne regista britannico. In collaborazione dello scenografo Samal Blak e del light designer Giuseppe Di Iorio ed un cast assolutamente italiano come richiede il libretto che fu rappresentato per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790 e tratto da "Le metamorfosi" di Ovidio e "La grotta di Trofonio" di Giovanni Battista Casti. L'opera fu commissionata dall'imperatore Giuseppe II d'Asburgo-Lorena in seguito alle felici riprese viennesi dei libretti italiani "Le nozze di Figaro" e "Don Giovanni" con una chiosa che lo stesso regista padroneggia come pochi e che ci spiega brevemente.

Ci sono opere che ho messo in scena una sola volta nei miei 40 anni di attività. Altre che mi piace riprendere più volte: così accade con Mozart, un autore che mi consente di ritrovare me stesso e di capire quanto, passati alcuni anni, sono cambiato. Questo avviene in particolare col Così fan tutte: il titolo dell’opera è un motto ironico, realistico, per una straordinaria opera che è tutta dalla parte delle donne. All’opposto di quanto comunemente si pensa, infatti, in essa non c’è alcun tratto di misoginia. Perché parla continuamente del diritto delle donne ad essere loro stesse. Non tanto infedeli, quanto ribelli, in nome della legge di natura, alle regole imposte dagli uomini….

"La fedeltà delle femmine è come l'Araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!"

Al podio del Costanzi debutta Speranza Scappucci
Al podio del Costanzi debutta Speranza Scappucci

Basterebbe questa manciata di parole a sintetizzare l'intero canovaccio del "Così fan tutte" mozartiano che tutti si sono affrettati a sdoganare e, soprattutto, a proteggere dalle semplicistiche accuse di misoginia. In realtà l'opera di Lorenzo Da Ponte è una strenua difesa dell'animo umano, sia maschile che femminile, nell'ambito delle relazioni di coppia e qui, dalla lettura di Ovidio in poi, il sodalizio con Mozart si è sbilanciato a giocare con gli equivoci pilotati dal cinico filosofo Don Alfonso che, in una bottega di caffè a Napoli, ha voluto mettere alla prova la resistenza amorosa delle protagoniste Dorabella e Fiordaligi. Il Golfo di Napoli diviene dunque scenario pubblico di un ingannevole scambio delle coppie ad opera dei complici innamorati Ferrando e Guglielmo capaci di scardinare la fedeltà delle rispettive donne avvalorando le tesi dell'istrionico Don Alfonso.

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