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Cosa vuole fare il Governo per il contrasto alla povertà

Il Governo chiede una (ennesima) delega per varare il piano contro la povertà. Che è e resta il vero dramma del nostro Paese.
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Il 28 gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega in materia di contrasto alla povertà, riordino delle prestazioni e sistema degli interventi e dei servizi sociali. La misura, proposta dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, è collegata alla legge di stabilità 2016, nella misura in cui istituisce il Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, rimandando al corrispettivo piano nazionale.

Il disegno di legge delega (la cui versione definitiva non è stata ancora diffusa) dovrebbe sostanzialmente servire al Governo per chiedere il via libera al Parlamento per l’elaborazione del piano nazionale. Poletti ha spiegato la questione in maniera sommaria, ripetendo sostanzialmente i concetti sintetizzati nel comunicato stampa post Consiglio dei ministri. Nelle intenzioni del Governo, dunque, il disegno di legge delega dovrebbe:

  • introdurre una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, basata sul principio dell'inclusione attiva, che prevede la predisposizione per i beneficiari di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa sostenuto dalla offerta di servizi alla persona
  • razionalizzare le prestazioni di natura assistenziale e quelle di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi,  introducendo il principio di "universalismo selettivo" nell'accesso secondo criteri di valutazione della condizione economica in base all'ISEE. Sono escluse dalla razionalizzazione le prestazioni riferite alla condizione di disabilità e, comunque, i nuovi criteri si applicheranno solo alle prestazioni richieste dopo l'entrata in vigore dei decreti attuativi
  • riordinare la normativa in materia di interventi e servizi sociali, al fine di superare la frammentarietà delle misure e degli interventi secondo principi di equità ed efficacia nell'accesso e nell'erogazione delle prestazioni.

In assenza del testo completo appare piuttosto arduo procedere a un esame critico della proposta, tuttavia da dichiarazioni e aggiunte successive si può avere un’idea più chiara del progetto del Governo.

In primo luogo occorre precisare che non si tratterà di un reddito di cittadinanza, ma di un “reddito di inclusione attiva”, con un sussidio che sarà accompagnato da un “percorso di inclusione sociale”, che sostanzialmente sarà una “presa in carico” da parte dello Stato delle persone in condizioni di povertà. Il sostegno al reddito dovrebbe essere, nelle parole del ministro in una intervista a Repubblica, pari a circa 320 euro al mese e destinato a “un milione di poveri”. Sulla platea, però, ci sono già molte perplessità, derivanti da semplici calcoli numerici. La legge di stabilità mette a disposizione 600 milioni di euro, mentre un piano di questo tipo per l'intero "gruppo" delle famiglie in povertà assoluta vale almeno 8 miliardi di euro l’anno. La misura, per come presentata da Poletti, dovrebbe invece raggiungere solo 280mila famiglie e dunque un milione di persone che vivono in povertà assoluta.

Stando alle prime indiscrezioni, potrebbe anche non trattarsi di una somma fissa, ma una cifra commisurata alla distanza del reddito famigliare rispetto alla soglia dei 3mila euro Isee (che dovrebbe essere la "soglia di accesso").

Molto probabile che, in una prima fase (che nelle intenzioni del Governo dovrebbe partire dal 2017) la platea dei beneficiari sia ristretta alle sole famiglie con minori. Il beneficiario sarà poi obbligato ad “accettare possibilità di lavoro” e a “mandare i figli a scuola”: alla sua inclusione sociale potrebbero contribuire (resta da capire in che modo) anche associazioni di volontariato.

Il Governo metterà mano anche alle “prestazioni di natura assistenziale”, senza toccare quelle in essere, almeno stando alle rassicurazioni di Poletti. In pratica le nuove prestazioni assistenziali si applicheranno solo a chi ne farà richiesta dopo l'entrata in vigore delle norme e, in ogni caso, non si andrà a toccare il sistema di assistenza ai disabili. Il concetto che guiderà il Governo sarà quello dell'equità, con un più stretto legame fra prestazione e reddito, secondo il principio dell'universalismo selettivo (i livelli di assistenza saranno collegati all'ISEE).

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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