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Cosa potrebbe cambiare se il M5S appoggiasse Prodi per il Quirinale

Con una riunione in streaming, i parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno scelto la rosa di nomi da sottoporre al voto degli iscritti. Nell’elenco c’è anche Romano Prodi come nome “indicato dal PD”: ed è la mossa per mettere in crisi Renzi. Forse.
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La questione si complica, notevolmente. L’elezione del candidato condiviso fra PD e Forza Italia, che fino a qualche giorno fa sembrava “sotto controllo”, è tornata in discussione dopo il giro di consultazioni al Nazareno, con il “veto” di Forza Italia ad un candidato del Partito Democratico. Difficile capire quanto sia profonda la frattura tra i contraenti del patto del Nazareno (magari si tratta solo di pretattica, in un gioco di finti veti incrociati), ma certamente siamo di fronte di un elemento nuovo che regala inaspettati margini di manovra anche alle altre forze parlamentari. Sempre che, ovviamente, dagli incontri previsti oggi a Palazzo Chigi (dove andranno Berlusconi e Alfano e dove sono già stati Casini e Bersani) non emergano novità sostanziali e una alternativa condivisa ai nomi circolati in questi giorni.

Nel frattempo a sparigliare il campo potrebbe essere il Movimento 5 Stelle. Dopo aver invano atteso i nomi del Pd per sottoporli al voto degli attivisti, i grillini hanno scelto un percorso tutto sommato molto lineare: l’assemblea dei parlamentari ha determinato una rosa di nomi, sulla quale si esprimeranno in maniera decisiva gli iscritti certificati al blog di Beppe Grillo. Nella lista da sottoporre agli iscritti è stato inserito d’ufficio Romano Prodi, come nome indicato da quei parlamentari democratici (Zampa, Civati e Mineo tra gli altri) che hanno risposto all’appello di Grillo.

Ora la palla passa agli iscritti M5S che dovranno pronunciarsi “anche” sul Professore, in un clima però profondamente mutato rispetto a due anni fa. In quell’occasione, come ricorderete, ad influenzare in maniera determinante il voto degli iscritti furono gli interventi a gamba tesa di Grillo e dei maggiorenti M5S “terrorizzati” all’idea che il Movimento del rinnovamento potesse votare il Professore. Una scelta (concretizzatasi nell’ostinato e velleitario sostegno a Rodotà) che, col senno di poi, si è rivelata fallimentare e che è stata una delle precondizioni delle larghe intese, che poi hanno portato Renzi a Palazzo Chigi e alla marginalizzazione parlamentare dello stesso M5S.

Ora le cose potrebbero andare diversamente, anche perché i vertici grillini sanno che appoggiare il Professore significherebbe mettere in crisi i democratici e, ragionando in prospettiva, minare le larghe intese che sostengono le riforme e le “meno larghe intese” che garantiscono la maggioranza in Parlamento all’esecutivo. Certo, “ufficialmente” nessuno dei maggiorenti grillini può esporsi per sostenere il Professore, ma una scelta di questo tipo sarebbe una sorta di “game change”.

Immaginate il paradosso di una prima votazione in cui: il Partito Democratico non vota Romano Prodi (che invece è sostenuto dal M5S), Forza Italia non vota Feltri (votato da Fdi e Lega Nord), il M5S non vota compatto Rodotà (che potrebbe essere votato da Sel come candidato di bandiera). Che tipo di dibattito si aprirebbe in casa democratica? Come Renzi potrebbe giustificare un “niet” al fondatore del suo partito, l’unico ad aver portato una coalizione di centrosinistra al Governo in due tornate elettorali e punto di riferimento per tanti militanti?

In ogni caso, il M5S porterebbe alla luce tutte le contraddizioni in casa democratica, accelerando probabilmente il percorso di disgregazione del partito, con la minoranza PD che a quel punto sarebbe quasi obbligata a rompere definitivamente. E avrebbe campo libero sul piano della propaganda politica, smentendo chi li dipinge come "oltranzisti", sfascisti eccetera.

In più, forse (ripetiamo, siamo ancora alla fantapolitica) potrebbe subentrare anche un’altra lettura: quella che vuole il sostegno di Forza Italia come “non più essenziale” per Renzi dopo l’approvazione dell’Italicum al Senato (che può passare alla Camera con i soli voti democratici). Certo, la legge vale solo per la Camera dei deputati e c’è una pericolosa clausola di salvaguardia, ma se l’asse con Ncd tiene, allora Renzi può permettersi anche di recidere il legame con FI. Servirebbe una scelta “puramente politica”, ovviamente: e Prodi al Quirinale sarebbe ben più di un segnale.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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