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Cos’è successo e perché è fallito il colpo di stato in Turchia

Il popolo dalla parte di chi era? E – soprattutto – quanti erano i militari golpisti?
A cura di Redazione
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Carro armato attraversa Ankara (@Erhan Ortac/Getty Images)
Carro armato attraversa Ankara (@Erhan Ortac/Getty Images)

I militari ribelli hanno occupato l'aeroporto di Istanbul, le sedi dei principali organi di informazione, quella dell'alto comando militare e hanno preso in ostaggio il generale Hulusin Akar. Il tutto mentre i carri armati Leopard si sono posizionati nei luoghi chiave della città. Tutto come da manuale, o quasi: ai militari, che per secoli si sono assegnati il compito di rendere la Turchia il più laico tra gli stati mediorientali, è mancata la cattura di Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Repubblica e leader del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (di cui fa parte anche Binali Yildirim, presidente del Consiglio). Per diverse ore si è ipotizzato che Erdogan fosse in viaggio per Germania, Londra o Qatar. E invece no, Ergodan – che al momento della notizia del golpe era in vacanza sul mar Egeo – è salito a bordo di un aereo ed è tornato dopo qualche ora ad Istanbul. Come mai nel paese in cui i militari sono stati singolarmente letti come un anticorpo dello Stato moderno e si sono coperti di un'aura di infallibilità, il golpe è fallito?

Quanti erano i golpisti?

Non si sa, ma si conosce il numero degli arresti che al momento – le azioni di disarmo vanno avanti – sono quasi tremila. Il deterrente militare non è stato comunque leggero, poiché – a parte i blindati che hanno chiuse alcune strade – alcuni caccia hanno sorvolato i cieli di Ankara, mentre gli elicotteri Cobra hanno sparato il fuoco su agenti selezionati chiamati a difendere le principali istituzioni (17 i morti fuori alla centrale dell'intelligence). Ciononostante è mancata la suggestione della vittoria certa, per la quale è risultato determinante anche il mancato arresto di Erdogan. Il numero dei militari che avviano il golpe è generalmente molto ridotto rispetto agli effettivi, ma in questo caso gli indecisi sono rimasti tali finché non hanno capito chiaramente che il colpo di stato era fallito. La Marina si è detta da subito al fianco del Presidente, ma si è trattato di un appoggio pressoché ininfluente per i destini del putsch. Le armate sul confine siriano non si sono espresse e lo stesso vale per l'aviazione. L'adesione che avrebbe dovuto poi essere decisiva, convincendo gli altri corpi ad unirsi al golpe, doveva essere quella della gendarmeria, che è una forza di polizia che non risponde agli Interni.

Fondamentale per l'esito del golpe è stato il processo di riforme fortemente voluto da Erdogan e finalizzato a consolidare il suo potere. Un proposito impossibile senza passare per la decapitazione – in senso figurato – della corrente laicista più attiva dell'esercito.

Chi era con Erdogan?

Proprio per poter contare su una forza fedele al Sultano, Erdogan ha progressivamente potenziato la polizia, fornendola di mezzi sempre più efficienti, di paghe più soddisfacenti e assicurandosi la lealtà del comando. Oltre a loro, il leader del partito di maggioranza ha potuto fare affidamento su gruppi di fedelissimi, talora interessati a tutelare un partito la cui identità confessionale appare chiara e (per loro) confortante. Contro i militari c'erano anche muezzin e turchi in abiti tradizionali islamici. Non bisogna del resto dimenticare che in politica estera la Turchia si è mostrata occasionalmente "vicina" ai Fratelli musulmani.

Con chi erano le potenze internazionali?

Non lo sappiamo o, quantomeno, non è questa la sede per fare ipotesi. Quello che è certo è che, ad un certo punto, Obama ha precisato che Erdogan rappresenta il volere democratico e che dunque era contento del fallimento del golpe. È seguita dichiarazione non dissimile della Merkel e, a seguire, riflessioni tutte un po' ciclostilate degli altri capi di governo. Sicuramente questa presa di posizione è stata il punto di volta, poiché i reparti indecisi delle Forze armate hanno definitivamente deciso di non sostenere il colpo di stato.

E i media chi sostenevano?

Prima che l'esito del colpo di stato fosse chiaro, girava in Rete il video dell'incursione militare nella sede della televisione da parte dei ribelli. Dopo ha cominciato a girare il filmato dei giornalisti della redazione della CNN turca che cacciavano i militari (affiancati in realtà – e, si suppone, in maniera decisiva – dalla polizia). Un "equivoco" dell'informazione, utile anche a riconoscere l'importanza della Rete. Nonostante i militare avessero occupato le redazioni, il Presidente Erdogan non aveva bisogno di set, giornalisti o telecamere. Gli è bastata una banale app per assicurare amici e minacciare nemici. Mentre i golpisti confondeva il potere con la tv, Erdogan lo esercitava attraverso FaceTime.

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