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Consip, Orfini: “Fabbricate prove false per colpire Renzi. Questa è eversione, il nostro Watergate”

In un’intervista concessa ad Huffington Post, il presidente del Pd Matteo Orfini si scaglia contro i carabinieri che avrebbero falsificato le prove dell’inchiesta Consip allo scopo di colpire Renzi: “Siamo di fronte a pezzi di apparati dello Stato che hanno consapevolmente lavorato per fabbricare prove false per colpire il legittimo presidente del Consiglio. Qualora tutto questo fosse confermato, ci sarebbe un termine tecnico per definire questo tipo di comportamenti. E si chiama eversione. E-ver-sio-ne”.
A cura di Charlotte Matteini
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In relazione alla bufera che sta investendo l'inchiesta Consip dopo le rivelazioni della Pm Musti diffuse questa mattina, il presidente del Pd Matteo Orfini – in un'intervista concessa ad Huffington Post – non utilizza mezzi termini e si scaglia contro i militari che avrebbero falsificato le prove allo scopo di colpire l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, sostenendo si tratti di eversione: "Siamo di fronte a pezzi di apparati dello Stato che hanno consapevolmente lavorato per fabbricare prove false per colpire il legittimo presidente del Consiglio del paese e per interferire con la dinamica democratica. Qualora tutto questo fosse confermato, ci sarebbe un termine tecnico per definire questo tipo di comportamenti. E si chiama eversione. E-ver-sio-ne". 

"Mi faccia fare una premessa, e arrivo al punto. Innanzitutto ci tengo a rivendicare metodo e stile con cui questo gruppo dirigente ha affrontato la vicenda Consip. Siamo stati aggrediti da una campagna politica e mediatica su cose rivelatesi false, ripeto false, abbiamo sempre detto che la verità prima o poi sarebbe emersa. E lo abbiamo fatto ribadendo il nostro punto di vista e al tempo stesso ribadendo la nostra fiducia nella magistratura. Lei ricorderà che per primo segnalai elementi torbidi ed inquietanti in questa vicenda. Oggi emergono fatti nuovi che confermano i miei timori di allora, di una dinamica, per l'appunto, eversiva", prosegue Orfini.

I cui registi, seguo il suo ragionamento, sarebbero Woodcock, il Noe e il Capitano Ultimo .

Non spetta a me attribuire responsabilità individuali, ma emerge un quadro inquietante su cui è necessario fare chiarezza fino in fondo. E noi ci muoveremo in tal senso con tutti gli strumenti che abbiamo: sollecitando il Copasir, presentando interrogazione parlamentari, chiedendo che della questione si occupino Csm e magistratura. Questo grumo di comportamenti eversivi deve emergere, e devono essere individuati responsabilità e coperture.

Responsabilità e coperture. Sta alludendo a una regia politica?

Dico che ogni giorno che passa ci sono elementi nuovi che fanno vedere un quadro complesso. E colpisce è che, tra le forze politiche, solo il Pd chieda chiarezza. Una cosa del genere in qualunque paese democratico al mondo avrebbe la rilevanza del Watergate, non è un problema del Pd ma della democrazia.

Addirittura il Watergate, presidente Orfini. Il caso è grave, ma mi pare che nelle sue parole ci sia una dose di strumentalizzazione politica su un'inchiesta in cui anche altro da chiarire. Il ruolo del papà di Renzi, il ministro Lotti che è ancora indagato…

De Angelis, stiamo ai fatti. Oggi emerge che sulla base di prove false si è provato a colpire il presidente del Consiglio e lo avrebbero fatto apparati dello Stato. Se fosse acclarato sarebbe il nostro Watergate.

Spiegando i motivi che hanno portato il Partito Democratico a presentare un'interrogazione parlamentare sul caso Consip, Orfini sottolinea: "La domanda che poniamo nell'interrogazione è obiettivamente complessa e immagino il governo abbia bisogno di tempo. Ma c'è un'evidente anomalia nel campo di azione del Noe. Io non mi voglio sostituire né al governo né agli inquirenti. Mi limito a dire che esponenti di apparati dello Stato che lavorano con questa libertà di azione e con obiettivi politici mi allarmano. Se a lei pare che stiamo caricando il caso ad arte…".

C'è tutta una parte dell'inchiesta su cui però continuate a non dare una risposta politica. Si deve appurare se Tiziano Renzi approfittava del ruolo pubblico del figlio per influenzare nomine e appalti, se il ministro Lotti ha avvisato i vertici Consip delle indagini e addirittura delle cimici negli uffici, in modo che venissero rimosse. Le ricordo che proprio ieri ha patteggiato l'ex dirigente di Consip Marco Gasparri, indagato per corruzione in concorso con l'imprenditore napoletano Alfredo Romeo.

Chiariamoci su un punto. C'è un'indagine in corso noi abbiamo assoluto rispetto per la magistratura. Le indagini le fanno i magistrati, i processi si fanno nei tribunali, non in tv o sui giornali, anche questo è un principio di sinistra. Benissimo, la magistratura acclarerà. Ma adesso le faccio io una domanda: non crede che un contributo alla ricerca della verità debba venire da altre forze politiche e anche dal mondo dell'informazione nel momento, in cui emergono tentativi di manomettere la democrazia? Questo è il punto: gli elementi che emergono oggi sono un problema del Pd o della democrazia italiana? O per colpire il Pd va bene tutto?

È la sua tesi: c'è un disegno per liquidare il Pd.

C'è stato ed è fallito. Le ricordo che nel momento in cui dovevamo fare il congresso qualche commentatore e qualche leader politico disse che non si poteva fare perché c'era la vicenda Consip. La verità è che il tentativo c'è stato perché un pezzo dei poteri di questo paese evidentemente non ha mai digerito una classe dirigente che non frequentava i soliti salotti. Noi abbiamo la necessità di ampliare il circuito della classe dirigente e una leadership nuova deve produrre una classe dirigente nuova.

Proprio questo è il punto. Il modo in cui è stato gestito il potere pubblico, con uomini di provata fede personale, lasciando germogliare possibili filoni di interesse privato che si intrecciano alla sfera delle decisioni pubbliche. Questo è il caso Consip, letto politicamente. È un punto che ha un rilievo politico che prescinde dal rilievo penale.

Questa teoria del familismo di solito è sostenuta da quei settori del potere italiano che prima gestivano le nomine con modalità non sempre trasparenti e con risultati non sempre esaltanti. Noi abbiamo rotto alcuni equilibri perché non abbiamo scelto quelli bravissimi a farsi mettere nei consigli di amministrazione ma, messi lì, non sapevano cosa fare. E questo ha prodotto una reazione.

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