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Confindustria, verso il sì al referendum. Boccia: “La ripresa non c’è”

Il neopresidente degli industriali Vincenzo Boccia parla davanti a Mattarella, numerosi ministri e ai segretari di Cgil, Cisl e Uil. “Riforme strada obbligata”
A cura di Biagio Chiariello
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La Confindustria di Vincenzo Boccia appoggia il sì al referendum sulla riforma della Costituzione. "Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il titolo V della Costituzione. Constatiamo con soddisfazione che oggi vediamo che questo traguardo è a portata di mano", ha spiegato il nuovo numero uno di Viale dell'Astronomia davanti al presidente della Repubblica Mattarella, numerosi ministri e ai segretari di Cgil, Cisl e Uil. “Con soddisfazione, oggi, vediamo che questo traguardo è a portata di mano”. L’imprenditore campano ha poi precisato che “la nostra posizione e le conseguenti azioni sul referendum verranno decise nel Consiglio generale convocato per il 23 giugno”, dopo le amministrative e nel giorno della consultazione inglese sulla Brexit. Ma il sostegno a favore della riforma costituzionale appare già palese.

Boccia dice chiaramente come le riforme, quelle economiche e anche quella costituzionale, con "il superamento del bicameralismo", sono l’obiettivo dal 2010 indicato dagli industriali, ormai "a portata di mano". Un percorso obbligato se “l'Italia vuole tornare ad essere un Paese autorevole” in un'Europa che "sembra scricchiolare", "molte e complesse sono le azioni da intraprendere" e, evidenzia, "in questo processo l'Italia deve poter giocare un ruolo all'altezza della sua storia e dell'Europa che sogniamo".

Non solo riforme. Boccia ha parlato anche di crescita e produttività, indicando la strada per "tornare a un Paese autorevole", in un contesto in cui "l'economia è ripartita ma la risalita è modesta e deludente". Il neopresidente di Confindustria si rivolge in particolare a Governo e sindacati, quando, da una parte chiede "politiche di qualità e non favori"; dall'altra mostra disponibilità al dialogo ma chiarisce che lo scambio fra salari e produttività "è l'unica strada percorribile".

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