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Condominio e barriere architettoniche

La Cassazione del 26.2.2016 n.3858 ha stabilito che nelle controversie in materia di uso di dispositivi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche ex art. 2 legge n. 13 del 9.1.1989, la legittimazione a resistere in giudizio deve essere riconosciuta agli eredi del soggetto nel cui interesse il dispositivo era stato installato. La normativa per l’eliminazione delle barriere architettoniche persegue, attraverso la tutela dell’interesse particolare dell’invalido, un interesse generale alla accessibilità agli edifici. questo impedisce di configurare il diritto al mantenimento e all’uso dei dispositivi, ove già installati, come diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso.
A cura di Paolo Giuliano
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Le norme relative all'eliminazione delle barriere architettoniche nel condominio dopo la riforma

La riforma del condominio è intervenuta anche sulle norme che regolano l'eliminazione delle barriere architettoniche nel condominio. Per la precisione l'art. 1120 cc ha previsto che i condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136 cc (cioè 500 millesimi), possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche.

La riforma ha istituzionalizzato (o reso tipico) l'intervento diretto ad eliminare le barriere architettoniche all'interno del condominio

La stessa riforma ha modificato (uniformando) le maggioranze per approvare l'opera diretta ad eliminare le barriere architettoniche prevista dall'art. 2 della legge del 9 gennaio 1989 n. 13 stabilendo che le deliberazioni relative alle innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche (ex art 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1, primo comma, del DPR  27 aprile 1978, n. 384) sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'articolo 1120 del codice civile (cioè 500 millesimi).

Ratio della normativa diretta ad eliminare le barriere architettoniche

La ratio delle norme dirette ad eliminare le barriere architettoniche si basa su un interesse (generale) pubblico, espressione a sua volta del principio di solidarietà, che consente l'istallazione di dispositivi (anche) inamovibili di accesso negli edifici, per l'esistenza di condomini disabili.

Quindi, sicuramente la normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche persegue un generale interesse diretto alla dell'invalido, ma, non si deve dimenticare, che la medesima normativa tutela o persegue anche un interesse più generale e generico alla accessibilità agli edifici, questo consente di ritenere irrilevante, per l'installazione di dispositivi per l'accesso negli edifici, l'esistenza di condomini disabili.

La ratio diretta a permettere un più agevole accesso agli edifici diventa rilevante nel momento in cui ci si chiede se il dispositivo istallato può essere usato anche da persone non disabili e/o se eliminata l'esigenza del disabile (ad es. perché ha cambiato abitazione) il dispositivo deve essere smontato o può essere usato anche da altri condomini.

Uso del dispositivo da parte di altri condomini non disabili

Se la normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche persegue anche un interesse generale alla accessibilità agli edifici, deve trarsi come conseguenza, che

  • è irrilevante  l'esistenza di condomini disabili, potendo usare la normativa per favorire o migliorare l'accesso svincolato dal problema della disabilità del condomino;
  • impedisce di configurare il diritto al mantenimento e all'uso dei dispositivi, come diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso.

Questi principi trovano applicazione pratica se si fa riferimento all'art. 2 comma 2 della legge n.13/1989, infatti, tale norma permette al disabile di istallare (in auto-tutela) un impianto provvisorio (tipo servo scala) se il condominio si rifiuta di autorizzare l'opera.

Questo articolo permette di distinguere il momento della nascita del diritto di installare il dispositivo dall'uso dello stesso.   Ai fini della installazione (in auto tutela) del dispositivo antibarriera è necessaria la presenza di un soggetto residente portatore di handicap. Tuttavia, se la genesi (la nascita) dell'innovazione in autotutela è strettamente legata alla persona affetta da minorazione, non altrettanto può dirsi dell'uso del dispositivo, che può servire contemporaneamente altri soggetti che vivono nel medesimo condominio, dovendosi in ogni caso ritenere che la funzione antibarriera non venga meno con la persona nel cui interesse il dispositivo è stato installato.

Sulla base di tali considerazioni, che inducono ad escludere la configurabilità di un «diritto personalissimo» all'uso dell'impianto, di conseguenza, gli eredi del disabile sono legittimati a proseguire il processo relativamente all'istallazione del dispositivo, proprio in quanto eredi del disabile, ma,  al contempo, portatori di un interesse proprio alla definizione della controversia in tema di uso del dispositivo, in quanto condomini e potenziali utilizzatori dello stesso.

Ingombro dei beni condominiali ex art. 1117 cc con impianti per eliminare la barriera architettonica

Per eliminare una barriera architettonica è possibile porre in essere opere edilizie che eliminano il problema (ad esempio ampliando una porta) oppure è possibile ottenere l'identico risultato realizzando dei macchinari (es. ascensore o servo scala) che aggirano il problema, senza che la barriera architettonica sia effettivamente eliminata.

Questo tipo di impianti e macchinari vanno a occupare (oppure, quanto meno, vanno ad ingombrare) spazi o dei beni condominiali, si deve escludere che l'ingombro determinato dal macchinario possa ledere i diritti degli altri proprietari, quando non è compromesso l'uso delle scale da parte degli altri condomini, in queste situazioni è tollerabile il disagio provocato dal restringimento del piano di calpestio della scala condominiali (o degli altri beni condominiali es. cortile), poichè devono essere bilanciate le contrapposte esigenze di tutela della proprietà (condominiale) e principio solidaristico, imposto dall'art. 1120, secondo comma, cod. civ.

Cass., civ. sez. II, del 26 febbraio 2016, n. 3858

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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