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Comunione legale e restituzione delle somme non usate per i bisogni della famiglia

La Cassazione del 11.10.2016 n. 20457 ha stabilito che in presenza di una domanda di restituzione ex art. 192 cc, a fronte di prelevamenti di un coniuge di somme della comunione legale, compete al coniuge che ha effettuato i prelievi e che alleghi di aver impiegato le somme nell’interesse della comunione o della famiglia dimostrare questa circostanza, cioè la prova dell’uso delle somme per i bisogni della famiglia. Se il coniuge che ha effettuato il prelievo non riesce a provare l’uso per soddisfare le esigenze della famiglia o della comunione, la domanda restitutoria deve essere accolta.
A cura di Paolo Giuliano
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Destinazione dei beni compresi nella comunione legale dei coniugi

Nella comunione legale dei coniugi i beni compresi nella comunione legale hanno la funzione primaria di soddisfare i bisogni della famiglia, in tale funzione è compresa anche la finalità diretta a pagare le obbligazioni contratte per soddisfare i bisogni della famiglia.

L'art. 186 cc regola espressamente questi aspetti prevedendo che : I beni della comunione rispondono:  a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto (ad esempio gli oneri condominiali);  b) di tutte le spese per la gestione e amministrazione dei beni compresi nella comunione legale (tasse imposte, manutenzione ecc.);  c) delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse della famiglia;  d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.

Obblighi di restituzione al momento dello scioglimento della comunione legale tra i coniugi

La specifica destinazione dei beni compresi nella comunione legale ha come contrappeso degli obblighi di restituzione nelle ipotesi in cui i beni della comunione legale non sono usati per soddisfare i bisogni della famiglia, ma esigenze non legate alla famiglia (come ad esempio può essere l'esigenza di pagare dei creditori personali di uno dei coniugi)

Infatti, l'art. 192 comma 1 cc prevede che ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'articolo 186 cc e, di converso, sempre l'art. 192 comma 3 cc prevede che ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune

Prova dell'obbligo di restituzione e prova dell'uso delle somme di denaro per i bisogni della famiglia

Quando dalla teoria si passa alla pratica, ci si comincia a chiedere quali sono gli elementi necessari per provare che sussiste un obbligo di restituzione oppure per paralizzare una richiesta di  restituzione.

Il primo presupposto è riuscire a provare che il bene usato è compreso nella comunione legale (192 comma 1 cc) [oppure che si è in presenza di un bene non compreso nella comunione legale (192 comma 3 cc)].

Quindi, una volta provato che la somma rientra nella comunione legale (ex art. 192 comma 1 cc) occorre chiedersi

  • se colui che chiede il rimborso deve dimostrare la specifica destinazione (cioè che il bene non è stato usato per i bisogni della famiglia) oppure
  • se colui che si oppone alla restituzione deve dimostrare la specifica destinazione (cioè che il bene o la somma di denaro è stata usata per i bisogni della famiglia).

Si deve ritenere che, a fronte di prelevamenti, da parte di un coniuge, di somme di pertinenza della comunione, competa al coniuge che abbia effettuato le operazioni e che alleghi di aver impiegato gli importi prelevati nell'interesse della comunione o della famiglia dimostrare quest'ultima  circostanza, cioè la prova dell'uso delle somme per i bisogni della famiglia:  ciò,  sia  in  quanto quest'ultima si  atteggia  a  fatto  impeditivo dell'obbligazione restitutoria; sia in quanto la ripartizione dell'onere della prova deve tener conto, oltre che della distinzione fra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio  riconducibile all'art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio del diritto in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova.

Se quindi il coniuge che ha effettuato il prelievo assuma, senza provarlo, che esso è finalizzato a soddisfare esigenze della famiglia o della comunione, la domanda restitutoria deve essere accolta, e non rigettata.

Quindi, elemento fondamentale (per colui che si oppone alla restituzione) è la prova dell'uso delle somme per i bisogni della famiglia, non può sostituire questo elemento l'inesistenza di una prova relativa all'appropriazione delle somme (come ad esempio la mancanza di versamento nei conti personali delle somme prelevate), in quanto, il fatto che non sussiste un elemento che dimostri l'appropriazione personale delle somme comuni prelevare non significa aver provato che le somme sono state usate per i bisogni della famiglia.

In altri termini, il fatto che non ci sono prove di versamento su conti intestati al coniuge (delle somme della comunione legale) non implica, per ciò solo, che dette somme sono  state impiegate per necessità familiari. Infatti, per poter usare le presunzioni occorre che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza .

Cass., civ. sez. II, del 11 ottobre 2016, n. 20457

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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