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Compravendita senatori: pg chiede prescrizione per Berlusconi

Al processo di appello per la presunta compravendita di senatori che avrebbe determinato la caduta del governo Prodi. In primo grado il Cavaliere e Lavitola furono condannati a tre anni per corruzione dai giudici della I sezione penale del tribunale di Napoli.
A cura di C. T.
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Silvio Berlusconi

Il sostituto procuratore generale ha chiesto che sia confermata la responsabilità e dichiarata la prescrizione nei confronti dell'ex premier Silvio Berlusconi e dell'ex direttore de L'Avanti Valter Lavitola al processo di appello per la presunta compravendita di senatori che avrebbe determinato la caduta del governo Prodi. La richiesta è stata formulata dal pg Simona Di Monte al termine di una requisitoria che è durata circa tre ore.

In primo grado Berlusconi e Lavitola furono condannati a tre anni per corruzione dai giudici della I sezione penale del tribunale di Napoli. I difensori, Coppi, Longo e Ghedini, avevano chiesto l’assoluzione. "Prendo atto di una assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell’interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, così come continuerò a fare", aveva commentato a caldo Berlusconi.

Secondo la ricostruzione dei pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock, Fabrizio Vanorio e Alessandro Milita, Berlusconi avrebbe pagato tra il 2006 e il 2008 al senatore Sergio De Gregorio per farlo passare al PdL dall’Italia dei Valori. La consegna del denaro sarebbe avvenuta grazie all'intermediazione di Lavitola, a all'epoca in rapporti di amicizia sia con l’ex premier, sia con lo stesso De Gregorio. Le azioni per portare l’allora senatore dalla parte di Berlusconi sarebbero rientrate, secondo l'accusa, in un più vasto piano: l' "Operazione Libertà", ovvero il tentativo da parte dell’ex Cavaliere di convincere alcuni parlamentari del centrosinistra a passare dall’altra parte dello schieramento e determinare la fine del governo Prodi. Una tesi respinta dai difensori del leader di Forza Italia – gli avvocati Michele Cerabona e Niccolò Ghedini – e dai legali dello stesso partito, gli avvocati Franco Coppi e Bruno Larosa. La difesa si è concentrata sul fatto che De Gregorio era da sempre vicino alle posizioni politiche di Berlusconi e  che i voti espressi dai parlamentari sono insindacabili in base a quanto stabilito dalla Costituzione. "C'erano delle voci, ma, come dissi al giudice, non ne sapevo nulla. Se lo avessi saputo sarei ancora presidente del Consiglio", aveva commentato l'ex premier Romano Prodi in merito alla presunta compravendita che avrebbe fatto cadere il suo governo.

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