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Come mi sento dopo la Brexit: testimonianza di un italiano a Londra

Impressioni del giorno dopo di un italiano che da tre anni lavora e vive a Londra. Dopo il referendum che ha visto vincere i fautori della Brexit, la metropoli appare decisamente diversa.
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Oggi a Londra c'è il sole. Un "evento" da queste parti, e la cosa fa sorridere considerato che siamo al 24 di giugno, laddove in molti altri paesi dell'Europa l'estate è cominciata già da un pezzo. Ma oggi qui non siamo più in Europa, e il 24 giugno 2016 verrà ricordato per ben altro. Sarà per sempre quel giorno in cui i cittadini del Regno Unito hanno confermato che loro, in Europa, non ci si sono mai sentiti per davvero. Stamattina per me poteva essere una giornata come tante altre. Molto meglio, anzi: oggi sono a casa dal lavoro, e proprio in vista (o nella speranza) di una bella giornata avevo organizzato un'intero giorno ricco di attività all'aperto, per divertimi un po' con la mia ragazza. Una visita al museo, un giro nel parco, una pizza, un po' di shopping e un cinema per la sera. Tutto questo dopo una bella colazione, e una commissione veloce.

Il Regno unito dice sì alla Brexit (@Photo illustration by Christopher Furlong/Getty Images).
Il Regno unito dice sì alla Brexit (@Photo illustration by Christopher Furlong/Getty Images).

“ Oggi, forse, sono solo un immigrato qualunque ”
È proprio uscendo a fare quella commissione che ho cominciato ad avvertire qualcosa che non andava. Certo, il sole c'era, e la vita a Londra era già cominciata frenetica come ogni giorno. Ma io mi sentivo diverso. Mi sentivo fuori luogo. Non più a casa, come ormai avevo imparato a sentirmi dopo tre anni. Perché ieri ero un felice cittadino dell'Unione Europea, lontano dal mio luogo di nascita, ma pur sempre all'interno di un paese che mi vedeva e mi accettava come tale. Oggi, forse, sono solo un immigrato qualunque.

"Immigrato": quella parola che in Italia viene pronunciata quasi sempre con una sfumatura negativa, e spesso identificata con l'accezione di "extra-comunitario". E nessuno dei due termini, in realtà, dovrebbe intendere niente di male. Il fatto che io fossi un cittadino all'interno di un paese dell'UE non mi rendeva meno immigrato di un moldavo, un indiano o un cinese. Come ognuno di loro, sono venuto in questo paese con i miei progetti, i miei obiettivi, le mie speranze. Ma, sinceramente, il fatto di poterci essere venuto dall'oggi al domani acquistando un semplice biglietto aereo – senza passaporto – mi ha sicuramente reso le cose più facili.

Quando ho fatto la richiesta del NIN, il numero per la previdenza sociale, e me la sono vista accettare nel giro di una settimana è stato un sollievo. Quando scandagliavo le ricerche di lavoro, e in calce leggevo sempre la postilla "per poter candidarsi occorre avere il diritto di lavorare nel Regno Unito", la vedevo come un privilegio. Quando sono andato in ospedale, e mi hanno accettato senza chiedermi altro se non il mio NIN e l'indirizzo di casa, mi sono sentito accolto.

“ I fautori del Leave hanno parlato troppo di immigrazione ”
Perché oggi mi sento uno straniero? Perché uscendo di casa mi sento a disagio come se la gente mi guardasse con disprezzo? Perché, nonostante tutti pensino ai fatti loro e io sia solo in preda a paranoie, mi sento come se qualcuno non mi volesse qui? Forse perché in questi mesi di campagna per il referendum i fautori del Leave hanno parlato troppo di immigrazione, laddove quelli del Remain hanno concentrato tutto il loro dibattito sulle implicazioni economiche che un'uscita dall'Unione Europea avrebbe avuto per il Regno Unito. E questo aveva creato in me una sensazione di sicurezza che mi aveva tranquillizzato, che mi aveva fatto convincere di un fallimento della Brexit. Quando tutti gli esperti di economia, gli imprenditori e buona parte del mondo politico spiegava, con ragionamenti lucidi e cristallini comprensibili anche a un bambino, che l'uscita dall'Unione Europea avrebbe significato la rovina economica di questo paese, non potevo credere che questo discorso non potesse toccare le corde giuste delle persone.

I fautori del Leave per me erano politicanti antiquati dalle idee vetuste, che comunicavano in maniera stanca a una platea ancorata al passato. I sostenitori del Remain dibattevano con passione, carisma, chiarezza e coerenza, facendo appello a quell'idea di una grande comunità collettiva che è il sogno di questa Unione. Come potevano le cose andare diversamente? Eppure lo hanno fatto. Non è stata una vittoria schiacciante, certo, ma la democrazia è democrazia. Anche se quasi metà del Regno Unito voleva restare. Anche se la Scozia e l'Irlanda del Nord hanno votato in massa per non abbandonare. Questo paese lascerà l'Unione Europea. Con una sequela di conseguenze che per ora possiamo solo immaginare, ma che viste con gli occhi di oggi non fanno bene sperare per il futuro di noi immigrati.

Forse la sto vedendo un po' troppo nera. Dopotutto oggi è una bella giornata di sole. Un "evento" da queste parti. Usciamo fuori, proviamo a divertirci.

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