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Opinioni

Come funziona (ora) l’Italicum, cos’è il supercanguro e perché le opposizioni protestano

Renzi pronto ad incassare il via libera del Senato sull’Italicum, tra “polemiche, critiche e strumentalizzazioni”. Decisivi, ancora una volta, i voti di Forza Italia. Consistente, ma ininfluente, la fronda interna al Pd. E adesso, cambierà qualcosa? Come funzionerà l’Italicum?
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Come ampiamente prevedibile, le modalità con le quali l’Italicum sta per ottenere il via libera al Senato hanno scatenato furiose polemiche, sulla scia del dibattito parlamentare di questi giorni. Prima ancora del merito della nuova legge elettorale, a far infuriare (e per la verità con buona ragione) le opposizioni è stato il metodo utilizzato dalla maggioranza per tagliare la discussione e superare le (legittime, anche se opinabili) tecniche ostruzionistiche preparate allo scopo di ritardare l’approvazione del provvedimento. Questa volta, per arginare l’ostacolo dei 47mila emendamenti presentati al testo, si è scelto dapprima di mandare in Aula l’Italicum senza relatore (in pratica la Commissione Affari Costituzionali era ancora al lavoro quando il testo è stato incardinato in Aula, il tutto a cavallo della pausa “natalizia”), poi di giocare con il cronometro sulla presentazione degli emendamenti, infine di adoperare l’arma del “supercanguro”, con l’avallo (contestatissimo) della Presidenza del Senato.

Quest’ultima scelta in particolare merita qualche considerazione ulteriore. Circa 35mila emendamenti sono infatti stati cassati automaticamente dopo l’approvazione di un emendamento che porta la firma del senatore del Partito Democratico Stefano Esposito. Si è trattato di un emendamento “premissivo”, che conteneva di fatto in sole 33 righe una riformulazione della legge elettorale e la cui approvazione (blindata dall’asse Pd – Forza Italia, nonostante il no della minoranza democratica e della componente fittiana di Forza Italia) ha fatto decadere tutti gli altri emendamenti che intervenivano sulla parte di legge “riscritta”, appunto, dall’emendamento Esposito. Insomma, si è trattato di un tecnicismo, di “efficace tattica parlamentare”, come ha orgogliosamente enunciato lo stesso Esposito durante il suo intervento, che ha permesso il superamento dell’ostruzionismo ed un taglio deciso della discussione.

Qual è il problema, allora? Perché tutte queste contestazioni da parte delle opposizioni? Ecco, il punto è che l’Espositum è davvero operazione al confine della “legittimità e liceità”. Il “canguro classico” (ecco, siamo costretti a fare questa distinzione…) è infatti una operazione diversa: il Presidente dell’Assemblea si assume il diritto di “accorpare” una serie di emendamenti simili, indire il voto su un emendamento “base” ed eventualmente dichiarare decaduti gli altri. Si tratta, come specificato recentemente da Grsso nella discussione del ddl costituzionale Renzi – Boschi, della “votazione delle parti comuni degli emendamenti con conseguente effetto preclusivo sugli emendamenti successivi in caso di reiezione”, facoltà che rientrerebbe tra le prerogative del Presidente del Senato, alla luce del combinato disposto degli articoli 100 comma 8 (“Il Presidente può stabilire, con decisione inappellabile, la inammissibilità di emendamenti privi di ogni reale portata modificativa e può altresì disporre che gli emendamenti intesi ad apportare correzioni di mera forma siano discussi e votati in sede di coordinamento”) e 102 comma 4 (“Il Presidente ha facoltà di modificare l’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse”) del regolamento del Senato.

In questo caso, invece, un emendamento “premissivo” taglia l’intera discussione degli emendamenti nel merito della legge. Il problema è che “normalmente” gli articoli premissivi si limitano ad esporre principi generali e dichiarazioni di intento, mentre l’emendamento Esposito conteneva sostanzialmente l’intera legge: da qui la richiesta dell’opposizione di dichiarare inammissibile tale formulazione. Inoltre, quello presentato da Esposito sembrava davvero più un ordine del giorno che un vero emendamento, dati i riferimenti ad “ulteriori e successivi interventi” legislativi (in molti hanno parlato di una sorta di legge delega, mentre il gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà ha invitato provocatoriamente il Governo a mettere la fiducia anche sulla legge elettorale). Infine, c’erano anche dubbi sulla tempistica di presentazione dell’emendamento che, a dire della componente leghista, sarebbe stato presentato oltre i termini prestabiliti (addirittura un senatore avrebbe girato un “video” che mostrerebbe Esposito ancora intento a scrivere materialmente l’emendamento mentre Calderoli depositava la sua valanga di emendamenti).

A tutte queste obiezioni la Presidenza del Senato ha risposto picche. L’emendamento è stato dichiarato ammissibile (analisi condivisa da alcuni costituzionalisti, ad onor del vero, che ricordano come i principi contenuti nell’Espositum siano autoapplicativi), il taglio degli emendamenti giudicato lecito, i tempi rispettati nell’ottica “dell’ampia flessibilità con la quale si è lavorato” (parole della vicepresidente Fedeli) e la discussione proseguirà ad oltranza fino all’approvazione definitiva dell’Italicum. Tra l'altro, Calderoli ha poi annunciato di essersi "auto-cangurato" circa diecimila emendamenti, dunque l'approvazione potrebbe avvenire in tempi più rapidi di quelli ipotizzati inizialmente (si parlava dell'ok definitivo entro il 27 gennaio). 

In definitiva, quale sarà la nuova legge elettorale? Quali sono le modifiche più rilevanti all'Italicum? Per rispondere a questa domanda occorre basarsi dunque sull'Espositum, che fissa alcuni punti chiave della legge (altri sono ancora in discussione, come la norma sul "flipper", che regola il passaggio di voti da un collegio all'altro). Ecco i punti più rilevanti:

L’Italicum si applica solo per la Camera dei deputati; ci sono 20 circoscrizioni divise complessivamente in 100 collegi plurinominali, con i seggi che sono attribuiti su base nazionale con il metodo dei quozienti interi e dei resti più alti; i capilista sono bloccati (non possono essere oggetto di preferenza e sono eletti “prima” degli altri candidati) e non possono essere per oltre il 60% dello stesso sesso, gli altri candidati in lista possono essere scelti con le preferenze (con la doppia preferenza alternata di genere); ogni capolista può candidarsi in dieci collegi diversi, mentre per i candidati oggetto di preferenze non è prevista la possibilità di candidatura multipla; la soglia di sbarramento è unificata al 3%, mentre il premio di maggioranza scatta per la lista che ottiene su base nazionale almeno il 40% dei voti; nel caso in cui nessuna lista raggiunga il 40% si andrà al turno supplementare di ballottaggio che non prevede possibilità di apparentamenti o collegamenti; c’è una clausola di salvaguardia, ovvero, non si potrà utilizzare tale legge prima del 1 luglio 2016.

Le obiezioni più rilevanti (finora e canguro a parte). Sono molte le critiche alla legge elettorale che il Senato si appresta ad approvare, molte delle quali legate al rapporto fra rappresentanza e democrazia, all’utilizzo spregiudicato del concetto della governabilità e al persistere di alcuni tecnicismi tutt’altro che ininfluenti. Per il momento soffermiamoci su alcune questioni “minori” (torneremo successivamente sull’argomento più strettamente “politico”).

Il premio di maggioranza e le liste bloccate. Erano questi i due punti che avevano determinato la bocciatura del Porcellum e le pezze messe dalla maggioranza non convincono tutti gli analisti. Il premio di maggioranza resta infatti potenzialmente abnorme, nonostante il turno di ballottaggio e le liste sono ancora “bloccate” per la parte dei capilista. Il rischio è che ci si trovi di fronte nuovamente ad un Parlamento di nominati (che sia dalle segreterie di partito, dalle primarie o dalle parlamentarie conta relativamente poco, in quanto non attiene alla legge in discussione). In Aula la maggioranza si è difesa quantificando in “circa il 25%” la quota di capilista eletti “automaticamente”, ma la lettura non convince affatto. Come notato da alcuni senatori grillini e leghisti, infatti, potrebbe prospettarsi uno scenario completamente diverso, che sostanzialmente renderebbe “possibile” l’elezione con le preferenze unicamente dei candidati nella lista che accede al premio di maggioranza: questo poiché appare arduo immaginare che nei singoli collegi i partiti di minoranza ottengano più di un eletto a collegio. Insomma, il rischio è che gli eletti “bloccati” siano circa il 60%, come ha calcolato il senatore Fornaro, del PD:

Se cioè si votasse domani mattina, e prendo ad esempio l'ultimo sondaggio disponibile, quello di IPSOS sul «Corriere della Sera», la futura Camera sarebbe così composta: Partito Democratico 340 eletti (100 capilista bloccati, più 240 con le preferenze); Movimento 5 Stelle 97 capilista; Forza Italia 70 capilista; Lega Nord 60 capilista; SEL 18 capilista; NCD 15 capilista; Fratelli d'Italia 15 capilista. La futura Camera sarebbe composta da 375 non eletti attraverso le preferenze e 240 eletti con le preferenze.

Certo, la norma sulle candidature multiple è stata inserita proprio per ovviare in parte a questo inconveniente (e potrebbero esserci distribuzioni anomale del consenso nei singoli collegi), ma in ogni caso alcune forze politiche sono "da sempre" contrarie alle pluricandidature: insomma, la quota di eletti "realmente" decisa dai cittadini rischia di essere in ogni caso molto più bassa di quella sbandierata in queste ore.

Il premio di maggioranza alla lista – Questa norma, che accontenta sia Forza Italia che il Partito Democratico, sembrerebbe essere un colpo mortale alle coalizioni (unicamente alla soglia unica di sbarramento). Certo è che, spiega Crimi (M5S), resta "il dubbio che rinascano di nuovo i listoni", come avviene nei Comuni, con nuove, improvvisate ed eterogenee formazioni politiche. Oltre a questo, alcuni esponenti di Forza Italia, tra cui il senatore Minzolini, hanno notato come appaia "contraddittorio" mettere premio alla lista e soglia di sbarramento molto bassa:

sempre che non si voglia fotografare solo l'attuale scenario politico a proprio uso e consumo: un grande partito (che si chiami della nazione o altro poco importa) tanti partitelli attorno e un partito di medie proporzioni relegato perennemente all'opposizione […] Se si va al premio di lista con liste bloccate si elimina ogni spazio dialettico all'interno della maggioranza. Non c'è una dialettica di coalizione, non c'é una dialettica nel partito. Il leader del partito che prende il premio diventa il dominus incontrastato del sistema politico, perché ha un potere superiore a quello di un Presidente eletto direttamente dai cittadini, ma una minore legittimazione. Come ho già detto in passato, noi non creiamo neppure un Putin, ma addirittura un Breznev

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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