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“Coltivare un futuro migliore”: la fame nel mondo si può sconfiggere, basta volerlo

Nel 2011 nel mondo ci sono ancora 925 milioni di affamati. Ci sono stati in cui un bambino su due è malnutrito. Ci sono soluzioni per tutto questo? Sì, di cibo ce n’è per tutti, basterebbe l’impegno da parte di quelli che detengono il potere e decidono chi deve mangiare e chi no.
A cura di Nadia Vitali
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Sviluppo sostenibile: un'espressione che caratterizza, ancora troppo poco purtroppo, il nostro tempo e che dovrebbe entrare a far parte del quotidiano modo di agire, ragionare ed essere dei cittadini del terzo millennio che si trovano a vivere in una parte di mondo ancora privilegiata. Oxfam è una confederazione di 14 Organizzazioni Non Governative che si occupa proprio di questo, con lo scopo di poter assestare il colpo definitivo alla povertà e all'ingiustizia che caratterizzano ancora troppi paesi, tramite programmi di sviluppo, ma anche interventi di emergenza e campagne di sensibilizzazione rivolte all'opinione pubblica e, soprattutto, a coloro i quali hanno i poteri per poter cambiare situazioni drammatiche e, ai nostri occhi sempre più incomprensibili, come la fame nel mondo.

Il rapporto di Oxfam Italia sulla fame nel mondo presentato oggi dipinge un quadro della situazione a tinte ancora decisamente fosche ma, di contro, dà precise indicazioni su quali strategie adottare e quali strade imboccare per poter arrestare questo flagello definitivamente: la fame nel mondo, dunque, è un problema che può essere risolto, basta che i pochi paesi che monopolizzano l'intera ricchezza del pianeta, inclusa quella alimentare, ne abbiano la volontà. L'essenziale è  invertire una tendenza che attualmente sta portando l'intero sistema alimentare al collasso, individuandone le cause e facendo il punto su quali siano le soluzioni possibili.

Per la prima volta, nel 2008 il numero degli affamati nel mondo ha superato il miliardo: la crisi economica, seguita al collasso della Lehman Brothers, il conseguente aumento di prezzi di petrolio ed alimenti, si sono riversati interamente sugli ultimi del mondo che, come sempre, sono stati quelli che hanno dovuto pagare le conseguenze più amare di un disastro tutto occidentale. In questa congiuntura, a parte esprimere ipocrite preoccupazioni accorate, i governi dei paesi più ricchi non hanno fatto molto: anzi, hanno continuato ad investire in coltivazioni per industrie di biocarburanti. Coltivazioni e quindi cibo che è stato sottratto dalle bocche dei più poveri che sono diventati, così, ancora più affamati.

Il rapporto individua nello stato africano del Niger "l'epicentro della fame", un paese in cui più del 65% della popolazione vive con 1,25 dollari al giorni, in cui un bambino su due è malnutrito e uno su sei non riesce ad arrivare ai cinque anni d'età. Se si considera che, attualmente, al mondo ci sono 925 milioni di persone affamate, è facile immaginare quanti siano gli stati che versano nelle medesime condizioni del Niger, sopraffatti da calamità naturali quali la siccità e disastri climatici a cui, per debolezza strutturale, non sono in grado di far fronte e, insieme a ciò, dall'aumento vertiginoso e scellerato del prezzo dei generi alimentari.

925 milioni di affamati: un dato che fa rabbrividire, soprattutto se relazionato alla cultura consumistica dello spreco che da noi è purtroppo ancora imperante, fin nelle sue propaggini più estreme, come dimostra chiaramente il fenomeno dell'obesità che in alcuni paesi sviluppati è una vera e propria malattia fin troppo diffusa. Il che mette in luce un altro dato, ovvero che il problema non è la scarsezza di cibo, come si potrebbe pensare ad un primo approccio superficiale, ma, semplicemente, una distribuzione totalmente iniqua delle risorse. In un sistema che sembra sempre più destinato al collasso, se non ci si decide a dare una svolta in nome di uno "sviluppo sostenibile", appunto: basti pensare alla modalità totalmente barbara con cui gli europei stanno saccheggiando i propri mari, per giungere alla conclusione che un cambiamento è davvero indispensabile. Numerose sono state le spiegazioni inventate e messe su per giustificare una tendenza che non ha alcuna ragione per continuare ad essere portata avanti, ma tutte cedono di fronte all'evidenza: in un mondo in cui si produce e si porta sulle tavole di pochi privilegiati tantissimo cibo, c'è più fame che mai. E quindi poche scuse.

Quali sono le soluzioni proposte da Oxfam, per uscire da questa crisi? Come invertire un processo che è gestito dalle mani di pochi egoisti e che potrebbe portare i principali prodotti alimentari ad aumentare dal 120 al 180 % entro il 2030? Come aprire gli occhi ad avidi potenti su un futuro nero che non coinvolgerà più solo gli africani, ma che rischia di diventare anche quello degli occidentali, con i mutamenti climatici che incalzano e le risorse che si assottigliano? Le risposte, condensate in tre grossi punti che, se rispettati, potrebbero dare un volto nuovo alla nostra vecchia Terra: un volto pulito e solidale, oltre che maggiormente prospero e, quindi, migliore proprio per tutti.

Innanzitutto, la creazione di un nuovo sistema di governo globale che si occupi, principalmente, di evitare le crisi alimentari e di rispondere tempestivamente e con efficacia a queste, qualora si verifichino, creando occupazione ed investendo sulla lotta ai cambiamenti climatici. In secondo luogo, privilegiare, nei paesi in via di sviluppo, le piccole fattorie aumentandone la produttività e garantendo l'accesso dei coltivatori alle risorse naturali. Infine, raggiungere accordi per modificare i comportamenti di produttori e consumatori del Nord del Mondo ed evitare così sprechi ingiustificati di risorse ed iniquità nella distribuzione.

Si direbbe facile e molto probabilmente lo è: se non ci fossero di mezzo, gli interessi di un manipoli di potenti, mai troppo stanco della propria indifferenza e della propria avidità. Purtroppo la situazione sta effettivamente precipitando ed è difficile immaginare quali scenari si profilano all'orizzonte: se, effettivamente, ci si deciderà per tempo ad invertire rotta o se saranno necessarie altre crisi profonde, perché tutti arrivino a rendersi conto. Una cosa è certa: così davvero non può continuare. Nel 2011 non possono esserci ancora 925 milioni di affamati.

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