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Rinnovamento? Giovani? Ma se in Italia siamo fermi a Ciriaco De Mita

De Mita eletto sindaco di Nusco, è la lezione vivente (da ricordare anche a Matteo Renzi) di cosa sia il potere in Italia: un mestiere. Che può durare decenni e decenni.
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«Ricordo che senza memoria storica non si può costruire il futuro». Così, Ciriaco De Mita, classe 1928, 86 anni vissuti come Jona, nella balena (bianca), tra un Gianni Agnelli e uno scopone scientifico fra le valli dell'Ofanto e del Calore, dice. Così risponde a chi gli chiede, con tenera malizia, se non è forse un poco troppo anziano per fare il sindaco, seppur trattasi di primo cittadino di un borgo di 4.200 anime fedeli, come la sua leggendaria Nusco. Attenti: oggi che questo, non sia un paese per (politici) giovani non possiamo dirlo senza temere smentite. Difatti oggi, in Italia, abbiamo Matteo Renzi (classe 1975) che è leader del primo partito italiano, il Pd, nonché presidente del Consiglio dei ministri. Possiamo tuttavia ben dire che la politica del nostro Paese deve fare i conti più che con l'età, con la pervicacia dei De Mita, duri a morire (politicamente, sia chiaro). L'«uomo della Magna Grecia» (ironica e tagliente definizione attribuita all'Avvocato) si era recentemente dichiarato «preoccupato» per l'ascesa di Beppe Grillo. Posizione legittima e fra l'altro condivisa da molti elettori, visto l'esito delle Europee 2014. Ma, viene da chiedersi, Ciriaco De Mita (‘O padrone ‘e ll'Italia, come lo definì Renzo Arbore in un favoloso film) non si è mai preoccupato in tutto questo tempo per il suo, di potere? Un potere che è stato enorme, inconcepibile? Quello da presidente del Consiglio, da segretario e presidente della Dc, quello da ministro e sottosegretario (deleghe a Mezzogiorno, Commercio internazionale, Industria, Interno) da eurodeputato e negli anni Novanta da capintesta delle trattative dorotee con la Regione Campania durante la presidenza di Antonio Bassolino. Se n'è mai preoccupato, mentre tutt'intorno il Mezzogiorno d'Italia (e non solo) crollava miseramente? Cosa ha portato, di buono, De Mita, all'Italia?

Don Ciriaco De Mita, il giovane Matteo Renzi e quella foto

Possiamo dire senza temere smentite che don Ciriaco e il giovane Matteo sono uniti da qualcosa. Sicuramente dal doppio ruolo (che all'epoca di De Mita fu duramente contestato), di premier e segretario del partito. C'è una vecchia foto che li ritrae, usata qualche mese fa per propaganda da Beppe Grillo. Si vedono l'uomo di Nusco e il giovane fiorentino, evidentemente all'epoca dei Popolari, insieme, sorridenti. E ancora, un altro elemento li accomuna: entrambi sono stati oggetto d'amore del fondatore di Repubblica (all'epoca ne era il direttore) Eugenio Scalfari. Infine: entrambi hanno creduto in Pina Picierno (la capolista alle Europee che scrisse la tesi di laurea proprio sull'ex premier Dc). "Ci aspetta un lavoro impegnativo, che porteremo avanti coinvolgendo intanto tutta la nostra comunità": è la frase del nuovo e battagliero sindaco di Nusco. Un tempo il suo impero fu vasto, ora il suo piccolo governo è tutto lì, sui monti dell'Avellinese (ma qualcosa ci dice che non è solo lì). Ma è simbolico. Ci ricorda che il potere in Italia è un mestiere. Può durare una vita e logora chi non ce l'ha, come disse un altro che di Palazzo Chigi conosceva pure gli scantinati.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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