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Cina, nella regione dello Xinjiang banditi i nomi islamici

Le autorità hanno stilato un elenco di 12 nomi vietati nello Xinjiang, area a maggioranza musulmana con mire separatiste.
A cura di Davide Falcioni
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Banditi i nomi legati all'Islam: lo prevede una norma approvata nello Xinjiang, una provincia occidentale cinese, a maggioranza musulmana, in cui da qualche giorno non potranno più essere dati nomi islamici ai neonati, mentre le donne non potranno indossare il velo e gli uomini portare la barba lunga. Il provvedimento è stato assunto con lo scopo di limitare il più possibile la libertà religiosa della comunità musulmana uigura, che rappresenta quasi la metà dei 23 milioni di musulmani cinesi. Da anni gli uiguri avanzano richieste separatiste verso il governo centrale di Pechino, senza però ottenere alcunché.

Le autorità locali, con il benestare di Pechino, hanno distribuito una vera e propria lista con i primi 12 nome espressamente vietati; tra questi ci sono Islam, Quran, Saddam e Mecca e ogni nome nel quale ci sia un riferimento ai simboli delle stelle o della luna crescente. Qualora i genitori decidessero di violare queste nuove regole, il neonato non potrà essere registrato nei documenti familiari e avere accesso ai servizi sanitari e sociali, oltre che all’istruzione. La lista stilata non è ancora completa e non è ben chiaro quali parametri affinché un nome verrà considerato legato alla religione islamica oppure no.

Il provvedimento è evidentemente indirizzato alla minoranza degli uiguri dello Xinjiang, la regione in gran parte costituita da deserti nel nord ovest del paese dalla quale sono arrivati quasi tutti gli attentatori che hanno colpito Pechino negli ultimi anni. Lo Xinjiang confina con ben otto stati (India, Pakistan, Russia, Mongolia, Kazakistan, Afghanistan, Tagikistan e Kirghizistan) ed è un'area strategica per gli scambi commerciali con l’Asia Centrale e l’Europa. Secondo la direttrice per la Cina di Human Rights Watch Sophie Richardson il divieto imposto non è che l’ultima restrizione alla libertà religiosa messa in atto in nome della lotta all’estremismo religioso.

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