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Cina: monta la protesta nelle fabbriche di scarpe, fermi 30mila operai

Prosegue lo sciopero degli operai del colosso delle calzature Yue Yuen: in migliaia da giorni manifestano per chiedere migliori condizioni di lavoro. Intanto in Bangladesh restano i problemi a un anno dal crollo del Rana Plaza.
A cura di S. P.
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Non si ferma la protesta dei lavoratori della fabbrica di calzature taiwanese Yue Yuen, colosso che produce scarpe per marchi come Nike, Adidas, Reebok e altri ancora: ormai da giorni gli operai sono scesi in piazza per chiedere migliori condizioni di lavoro. Ed è una protesta che si allarga sempre più: come i loro colleghi di Dongguan, nella provincia meridionale del Guandong, anche gli operai dello stabilimento di Jìan, nella provincia orientale dello Jiangxi, hanno iniziato uno sciopero. Dalla scorsa settimana – secondo quanto scrive la stampa di Taiwan – sono oltre 30000 i dipendenti della Yue Yuen impegnati nelle manifestazioni. Da domenica scorsa oltre 2000 operai della sede di Jìan hanno aderito alle proteste.

Sia a Dongguan che a Jìan ci sono stati anche dei momenti di tensione, con degli scontri con delle forze dell’ordine e l’arresto di alcuni manifestanti. Nelle stesse regioni sono scesi in strada a manifestare anche migliaia di dipendenti di una azienda di trasporti. Intanto, secondo un reportage pubblicato dal Wall Street Journal, continua il dibattito alla Nike sull’opportunità di continuare a produrre scarpe in Bangladesh: l’azienda non sarebbe in grado di garantire condizioni di lavoro accettabili dopo gli scandali per lo sfruttamento di manodopera minorile e la strage dello scorso anno a Dhaka, dove morirono circa 1.100 operai che si trovavano all’interno di un palazzo crollato.

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