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Censis: 11 milioni di italiani rinunciano alle cure, 2 milioni in più rispetto al 2012

Sono diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie a causa di difficoltà economiche. Lorenzin: “Deve essere chiaro a tutti che non si possono fare le nozze con i fichi secchi”.
A cura di Susanna Picone
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“Deve essere chiaro a tutti che non si possono fare le nozze con i fichi secchi”: con queste parole la ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha commentato i dati diffusi dal Censis sugli italiani che rinunciano alle cure a causa delle code nelle liste d'attesa e delle difficoltà economiche. Il Censis parla di 11 milioni di italiani, due in più rispetto al 2012. “Si tratta di un problema che abbiamo presente, trovare una soluzione per noi rappresenta una priorità e stiamo operando da tempo con il Ministero dell'economia e delle finanze, le Regioni e i professionisti del Servizio Sanitario Nazionale. La soluzione, come ho avuto modo di ribadire più volte – così Lorenzin – passa da una profonda riorganizzazione del sistema delle liste di attesa, soprattutto in alcune regioni italiane. Quello che il Censis non rileva è che alcuni territori del nostro Paese offrono modelli sanitari d'avanguardia, altre non garantiscono, come dovrebbero, il funzionamento della rete territoriale, prima e dopo il ricovero in ospedale. L'obiettivo è quello di uniformare l'intero territorio nazionale su standard elevati, così da permettere a ciascun cittadino di ottenere in tempi rapidi prestazioni sanitarie di qualità”.

Pesano le liste d’attesa, chi può si rivolge ai privati – L'incremento della spesa sostenuta dai cittadini è stato del 3,2 percento nel 2013-2015, il doppio dell'aumento di quella complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo, pari a +1,7 percento. A rischio sono soprattutto le fasce più deboli della popolazione: si parla di 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennial, la generazione nata tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila. L'andamento della spesa sanitaria privata – emerge dall'indagine – è tanto più significativo se si considera la dinamica deflattiva, rilevante nel caso della diminuzione dei prezzi di alcuni prodotti e servizi sanitari. Nel Servizio sanitario nazionale il ticket è aumentato fino a superare il costo della medesima prestazione in una struttura privata. C’è inoltre il problema delle liste d’attesa. Il 72,6 percento delle persone che hanno dovuto scegliere la sanità privata lo ha fatto a causa delle liste d'attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano. Sono inoltre 7,1 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno fatto ricorso all'intramoenia (il 66,4 percento proprio per evitare liste d'attesa troppo lunghe). Il 30,2 percento si è rivolto alla sanità privata anche perché laboratori, ambulatori e studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend. C’è poi il problema della “qualità”: per il 45 percento degli italiani la qualità del servizio sanitario della propria regione è peggiorata negli ultimi due anni, per il 41,4 percento è rimasta inalterata e solo per il 13,5 percento è migliorata.

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