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Cdm: okay alla riforma delle banche. Ma nel decreto non c’è la norma sui rimborsi

Il Cdm vara la riforma delle banche di credito cooperativo (tutte gli istituti di questo tipo, che sono poco meno di quattrocento, devono stare dentro un unico grande gruppo), ma ma nel decreto non ci sono i rimborsi dei quattro istituti falliti a novembre: “Non c’è stato nessun slittamento o rinvio – ha spiegato Renzi -. La legge di Stabilità prevede già un percorso”
A cura di Biagio Chiariello
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Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del credito cooperativo. Ma nel maxi-decreto legge sulle banche sono state stralciate le norme sui criteri per i rimborsi alle quattro banche locali fallite a novembre (Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara), che a questo saranno rimandate e affidate ad un differente provvedimento, che poi dovrà essere validato dal Consiglio di Stato. Dal ministero dell’economia fanno sapere che questa decisione è da interpretare nell’obiettivo di velocizzarne il cammino del decreto. "Non c'è stato nessun slittamento o rinvio", ha assicurato il premier Matteo Renzi, ma la scelta "di non modificare leggi che sono già attive. Si tratta di aspettare il dpcm e il decreto ministeriale che sono sostanzialmente pronti e saranno presentati nei prossimi giorni".

La riforma delle banche di credito cooperativo

“Da domani – dice Renzi – il sistema bancario sarà più solido dopo le scelte di questa sera". Nel decreto banche entrano a far parte le norme pretese da Bruxelles sulla garanzia dello Stato sulle sofferenze bancarie. La riforma degli istituti di credito cooperativo, che entrerà in vigore entro 18 mesi, prevede la costituzione di un gruppo con un miliardo di patrimonio “che costituirà un grande ombrello di salvataggio e di coesione per tutte le Bcc che decideranno di stare dentro. Il modello delle Bcc rimane ma devono stare dentro un sistema che avrà maggiore forza e solidità" spiega Renzi. La riforma de prevede sostanzialmente che tutte gli istituti di credito cooperativo, che sono poco meno di quattrocento, debbano stare dentro un unico grande gruppo. Chi vorrà uscirne dovrà avere almeno duecento milioni di euro di riserve e dovrà pagarne 40 allo Stato. I singoli istituti comunque non sono obbligati ad aderire, ma “a condizione che abbia almeno 200 milioni di riserve, non che la piccola banchetta può andarsene e via. E dovrà corrispondere all'erario una cifra del 20% di queste riserve” afferma il premier.
Il presidente del Consiglio conclude assicurando che "il sistema italiano è solido". E chiosa: "Non siamo preoccupati", ha detto, ma con le nuove misure "diamo però un ulteriore strumento ai banchieri per fare tutto ciò che è nelle loro possibilità per consolidarsi ulteriormente".

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