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Caso Regeni, i genitori: “L’Europa deve isolare l’Egitto, non è un Paese amico”

Paola e Claudio Regeni chiedono alla Commissione diritti umani del Parlamento di Bruxelles “pressioni sul Il Cairo per avere unʼindagine trasparente” sulla discussa morte in Egitto del figlio. “Il governo italiano sia più esplicito”.
A cura di Biagio Chiariello
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La signora Paola Regeni col figlio morto
La signora Paola Regeni col figlio morto

"L'Italia e l'Europa devono aumentare la pressione sull'Egitto per avere un'indagine trasparente sulla morte di Giulio Regeni". E’ la richiesta di Paola e Claudio Regeni, genitori del ricercatore friulano trovato cadavere in circostanze misteriose lo scorso febbraio in Egitto, presentata alla Commissione diritti umani del Parlamento di Bruxelles. I Regeni hanno esortato "gli Stati membri a richiamare gli ambasciatori e dichiarare l'Egitto Paese non sicuro". "Abbiamo una documentazione di 266 foto, non vorremmo mostrarle mai", spiegano. “Tutti mi chiedono cosa fa il governo, cosa fa l’Unione europea. Ora basta commemorazioni, servono azioni”, ha detto la signora Paola.

“Noi anche oggi – dice Paola – siamo genitori erranti nelle istituzioni per chiedere verità. Giulio, in qualità di cittadino europeo, doveva essere tra voi, nelle istituzioni Ue, e invece siamo noi qui a parlare di lui. Abbiamo una documentazione di 266 foto di cosa è successo a Giulio: una vera enciclopedia delle torture in Egitto. Abbiamo anche 225 pagine di relazione sull’autopsia. Non vorremmo mai arrivare a mostrare quelle foto, vorrebbe dire che avremmo toccato il fondo. Tutti mi dicono – ha detto ancora la mamma di Giulio – ‘dove erano i governi?’ Io penso che i governi sapevano e dovevano avvisare la gente, gli studenti che ancora vanno in Egitto, un paese considerato ancora sicuro per il turismo“.

"Giulio è morto, ucciso e torturato, con quasi tutti i mezzi di tortura che si possono subire in Egitto", denuncia ancora Paola Regeni. "Non è facile come mamma essere qui. Ormai siamo genitori erranti nelle istituzioni, per chiedere verità e giustizia per Giulio", perché ancora non è chiaro cosa sia successo e "non c'è collaborazione dell'Egitto". La donna ha poi sottolineato i depistaggi emersi nelle ore successive al dramma, e ha detto chiaramente di essere insoddisfatta della situazione attuale. "Sentiamo un vuoto e chiediamo di fare pressioni sull'Egitto. L'Italia e l'Europa devono fare delle scelte perché quello che è successo a Giulio può accadere a chiunque. Finora abbiamo avuto solo carta straccia, false testimonianze. Non ho ancora capito se l'Italia è amica o no dell'Egitto ma so che gli amici non uccidono i figli degli amici".

“Vogliamo ringraziare il Parlamento europeo – ha detto Claudio Regeni – per l’approvazione della risoluzione (il documento di condanna contro il Cairo per le torture e l’uccisione del ricercatore adottato dall’europarlamento il 10 marzo): ora è importante che l’Egitto senta una forte pressione dall’Europa e da tutti i suoi stati membri pur di ottenere una investigazione trasparente. Chiedo che gli stati membri richiamino i propri ambasciatori, dichiarino l’Egitto un Paese non sicuro, sospendano gli accordi sull’invio di armi, di interforze per lo spionaggio o la repressione interna, sospendano gli accordi economici, facciano un monitoraggio dei processi contro attivisti, militanti avvocati e giornalisti che si battono per la libertà in Egitto e offrano protezione e collaborazione, anche con l’offerta di visti, a chi può offrire notizie alla procura di Roma”.

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